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Cannavaro: “Napoli non perdonerà mai Higuain. Vi svelo il mio vero grande trofeo”

Ieri sera Paolo Cannavaro è stato ospite di Barba & Capelli, in onda su trc. 

Il difensore si è raccontato a 360° ma si è soffermato anche sul Napoli e sulla vicenda Higuain.

Uno dei primi temi toccati è stato quello del rinnovo contrattuale: “Il fatto che puntino sui giovani e abbiano voglia di parlare con me di rinnovo mi rende molto felice”.

Cannavaro è arrivato al Sassuolo a gennaio 2014: “Io allora cercavo un posto dove star bene e con un’identità. Molti all’inizio mi davano del matto, ora molti colleghi vorrebbero essere qui. Ho debuttato in neroverde contro il Verona, la stessa squadra contro cui ho debuttato col Napoli in B. C’era confusione in quel momento. Poi è tornato Di Francesco ed è arrivata una salvezza miracolosa”.

Sul Napoli: “Non ho mai nascosto che il mio sogno era chiudere la carriera al Napoli, non credo di offendere nessuno dicendolo, visto che sono nato e cresciuto lì. Poi è normale che per andare in una certa direzione bisogna andarci tutti insieme e quando vedi che tante cose ti vengono a mancare, e vedi atteggiamenti diversi della società verso un giocatore piuttosto che un altro, allora devi pensare che hai una carriera, una vita e devi fare delle scelte che vanno contro il tuo desiderio. La mia fortuna è che sono arrivato in un posto dove ad oggi sto benissimo, mi sento bene come fossi a casa mia. Mi fa piacere che quando vado giù ancora mi chiamino Capitano, per molti tifosi è come se fossi ancora lì. Higuain? Per tre anni si è dichiarato nemico dei bianconeri, per il suo addio poteva metterci la faccia, Napoli non lo perdonerà mai.”.

Sul futuro: “Quando appenderò le scarpette al chiodo, mi piacerebbe rimanere nel calcio, zona rettangolo, partendo dal basso, magari da collaboratore, anche per capire se mi piacerà davvero o no. Quando smetterò? Deciderà il mio fisico, oggi mi dice di spingere ancora. Vado al campo ancora con l’entusiasmo e la gioia di quando avevo diciott’anni”.

Cannavaro vive a Modena: “La mia giornata tipo è molto diversa da quello che vivevo a Napoli, qui lo stile di vita è diverso. Mia moglie porta i figli a scuola e ci mette cinque minuti. Poi facciamo una passeggiata in centro, mercato Albinelli tappa obbligatoria, un caffè, quattro chiacchiere. Poi pranzo verso le 12.30, allenamento e poi mi dedico ai miei figli. Ne ho tre, i due maschi giocano nel settore giovanile del Sassuolo e mi fa piacere che qui siano Manuel e Adrian, il cognome viene in un secondo momento. Io qui posso andare a vedere un loro allenamento, a Napoli con l’entusiasmo e l’affetto che per fortuna mi vengono riservati, sarebbe più difficile. La cucina modenese? A Modena si mangia benissimo. A gnocco e tigelle non riesco a dire di no”.

Sull’etichetta di “fratello di”: “Essermi smarcato da questo è stato il mio vero trofeo. Non è stato semplice a inizio carriera. Poi io non contento sono andato a giocare con lui e a giocare a Napoli, nella città in cui è un mito. Ed è proprio a Napoli che mi si è scrollata l’etichetta di dosso. Oggi riesco ad avere un nome di fianco a un cognome molto importante ed è la mia vittoria più bella”.

Sulla sua carriera: “Forse l’unico rimpianto è non aver giocato in Premier League. Là il mio modo di giocare, le scivolate, i contrasti duri…è molto apprezzato. Forse avrei avuto delle soddisfazioni. Cina? È un’esperienza che potrebbe piacermi ma se avrò la fortuna di poter continuare qui, tutto il resto andrà in secondo . Il giocatore più forte con cui ho giocato? Buffon davanti a tutti, un vero fenomeno”.

Su Berardi: “Mi ha stupito tantissimo, ma non solo dal punto di vista tecnico e fisico. Quando in allenamento il mister fa lo sviluppo, capisci che lui a vent’anni è già pronto. Quello che vedo in lui l’ho visto solo in Cavani. Domenico è un predestinato, dovrà fare grandi cose nel calcio e glielo auguro con tutto il cuore. È un bravo ragazzo, a volte ha dato un’immagine non vera di lui e fortunatamente ora la gente si sta ricredendo anche su questo aspetto. Nazionale? Il tipo di gioco dell’allenatore non valorizza chi gioca sulle fasce ma questo vuol dire sacrificare giocatori come Berardi o Insigne che potrebbero dare la svolta in un momento di piattezza nella qualità tecnica”.

Fonte: tuttosassuolocalcio.com

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