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Gabbiadini, attaccante sì ma non chiamatelo bomber

Da quando è arrivato al Napoli nel gennaio del 2015 sul suo vero ruolo è stato detto di tutto e di più.  

Considerando la media gol e il numero di gol segnati in campionato, il  25enne attaccante bergamasco non può certo definirsi un bomber all’Higuain o alla Careca.

Il suo campionato più prolifico è stato quello che ha giocato nel 2014-2015, indossando da esterno d’attacco prima la maglia della Sampdoria poi quella del Napoli di Benitez: in totale 15 gol (7 con la Sampdoria e 8 con il Napoli).

Difficile che Sarri lo schieri in quel ruolo. Per la sua idea di calcio è troppo prezioso l’equilibrio che da alla squadra Callejon. Movimenti e corsa che Gabbiadini, al contrario dello spagnolo, non ha nel suo DNA. Manolo preferisce avere la palla tra i piedi per ricordare a tutti che dal punto di vista balistico è uno dei migliori in Italia.

A Sarri non resta che utilizzarlo da punta centrale, vista anche l’assenza di Milik, scelta che non ha portato i benefici sperati. L’allenatore del Napoli è finito così sotto accusa per non mettere Gabbiadini nelle condizioni più favorevoli per dimostrare il suo valore, di non concedergli un minimo di continuità e, nelle sette partite iniziate da titolare, di averlo sostituirlo sempre tra il 53′ e il 64′.

In realtà l’attaccante nato in provincia di Bergamo, sembra  che anche con gli altri allenatori abbia dimostrato di avere un’autonomia media di 52,49 minuti a partita. Così come i dati statistici sui gol segnati, suggeriscono di non pretendere da Gabbiadini un numero di gol da attaccante puro.

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Secondo alcuni osservatori il vero problema è che il ruolo di Gabbiadini è un ibrido, visto che non ha le caratteristiche della punta centrale ma al tempo stesso non può dare lo stesso contributo difensivo che deve assicurare un esterno d’attacco nel 4-3-3.

In attesa di Milik o dell’arrivo di una vera punta di ruolo dal mercato di gennaio, tocca a Sarri trovare la giusta soluzione per l’attacco del Napoli: senza Gabbiadini o con Gabbiadini. Tanto la cosa che conta è una: vincere.

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