Editoriale

Da “Io pago!” A “Cacc’ e sord’ ” fenomenologia del mestiere di Presidente

Essere Presidente di una squadra di calcio è veramente una figata. È anche il sogno di tutti gli appassionati della materia.

C’è chi si è rovinato, chi si arricchisce, chi fa la testa di legno, chi ci si dedica anima e corpo, chi se lo gode e basta. Non conta, tanto, la categoria ma il gusto che ti da, poi, se arrivi in Champions è molto meglio.

Niente ti regala più notorietà che essere Presidente di una squadra di calcio. In paese sei più famoso del sindaco e del farmacista, in città si parla solo di te, nel bene e nel male.

Un po’ padri padroni, un po’ ricchi sciocchi, spesso tifosi sfegatati, a volte solo businessman. C’è chi compra troppo, chi vende solo, chi cambia allenatori più spesso dei calzini. Chi è osannato, chi minacciato. Il campionario è variegato ma una cosa è certa se hanno la fortuna di diventare Presidenti non mollano la poltrona.

Per tanti è una scorciatoia per fare il mestiere più amato dagli italiani: l’allenatore e senza rischio di esonero.

Lo sfizio è quello, in fondo, se no che gusto c’è. Dai campi polverosi delle serie più infime, alle storiche formazioni di Berlusconi, almeno una volta, ci hanno provato tutti. Anche De Laurentiis, prima delle più recenti esternazioni, si è assunto il merito del modulo del Napoli. Per non parlare poi del calciomercato, una goduria.

I comuni mortali si divertono con il Fantacalcio, loro comprano e vendono quelli veri, in carne e ossa, vuoi mettere la soddisfazione? Insomma ci si diverte tanto a fare i Presidenti. Pazienza se qualche volta bisogna sopportare i cori dei tifosi insoddisfatti.

Dopo un po’ ci fai l’abitudine e neanche li senti più. W l’Italia paese di Santi, Poeti, Navigatori e Presidenti.

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