Serie A

Rapporti Roma-Ultrà: “Totti e De Rossi omertosi”

Ossino sulle colonne de “Il Tempo” racconta le indagini sul rapporto fra gli ultrà della Roma e i calciatori.

Dall’aggressione ai danni di alcuni turisti svedesi che indossavano una maglia della Lazio, fino a quella che la procura di Roma considera essere una «strategia» volta «a creare disordini e a turbare l’ordinato svolgimento delle cornpetizioni sportive in cui è coinvolta la squadra di calcio A.S. Roma, così contribuendo anche ad intimidire i giocatori della squadra medesima». Sono diverse le indagini portate avanti dal sostituto procuratore Eugenio Albamonte in relazione alla galassia degli ultras giallorossi violenti. Una di queste presto vedrà tre indagati davanti al giudice perle udienze preliminari. Si tratta del fascicolo relativo ai diversi episodi di forte contestazione messi in atto da alcuni ultras legati al gruppo «Padroni di Casa»: dal ritrovamento di una macchina piena di anni nei pressi dell’Olimpico fino alle proteste vigorose dopo il pareggio contro il Chievo, o a Trigoria o in occasione della partita contro la Fiorentina.

Il giudice, in aula, dovrà rispondere anche a due domande: i giocatori della Roma sono stati minacciati? E ancora: hanno risposto con reticenza perché intimoriti? La partita processuale si giocherà anche su questi quesiti. Secondo il pm e la Digos esisterebbe un «condizionamento psicologico dei calciatori in esito a questi ripetuti tentativi di intimidazione». Invece, secondo la difesa e il gip (che non ha concesso la richiesta di arresto), le «dichiarazioni rilasciate dai calciatori Totti, De Rossi, e De Sanctis appaiono assolutamente credibili e, nel confermare in modo univoco la dinamica dei fatti sopra ricostruita, escludono di essere oggetto di minacce e intimidazioni». Secondo il giudice infatti «dalla visione delle immagini e dalle dichiarazioni dei calciatori di cui sopra – si legge negli atti – non vi è evidenza che le condotte perpetrate abbiano costretto i calciatori medesimi a portarsi sotto la curva sud, a togliersi la maglia o a subire alcuna forma di pressione tale da coartare la loro libertà di autodeterminarsi».

Un’affermazione, quella del gip, che contrasta con quanto scrive la Digos. I militari infatti spiegano che «solo il portiere Morgan De Sanctis appare esaustivo nella narrazione dei fatti, probabilmente anche in conseguenza dell’importante ruolo rivestito nell’Assocalciatori e degli impegni assunti pubblicamente alcuni giorni prima dellaverbalizzazione». E gli altri calciatori? «Tutti gli altri continua l’atto – sono stati evidentemente reticenti e spinti solo dalla volontà di sminuire l’accaduto, giungendo persino, come nel caso di De Rossi, a negare l’evidenza delle pesanti minacce personali ricevute». Insomma le carte parlano di giocatori condizionati «da questo clima di intimidazione» e della «sopportazione delle pesanti minacce anche di carattere personale che vengono loro indirizzate, senza parlare degli sputi e del lancio di accendini e altro materiale che attinge anche qualche calciatore».

Dulcis in fundo: «Le dichiarazioni palesemente omertose». Ma cosa hanno dichiarato i calciatori? «Al termine dell’incontro – dichiara Francesco Totti – ci siamo recati presso la curva sud, dove i tifosi avevano reclamato a gran voce la nostra presenza con ripetuti cori. Durante questo confronto siamo stati insultati e fatto oggetto di sputi, lancio di accendini e bottigliette di plastica. Non siamo stati minacciati, perlomeno io non mi sono accorto di alcuna specifica minaccia nei miei confronti e nei confronti dei compagni di squadra che erano accanto a me. Non mi sono impensierito del loro atteggiamento anche se erano oggettivamente aggressivi nei nostri confronti. Durante la mia carriera ho già vissuto momenti così critici, tuttavia non è stato affatto piacevole il comportamento che alcuni tifosi ci hanno riservato, mi rendo perfettamente conto che alcuni miei compagni di squadra si siano preoccupati per questi fatti. Abbiamo deciso di andare spontaneamente sotto la curva senza essere stati indotti da nessuno a questo chiarimento. Abbiamo pensato che non presentarci, atteso il clima di ostilità che si era verificato durante la partita sarebbe potuto degenerare con conseguenze imprevedibili». Del resto una situazione simile era avvenuta anche in occasione della gara contro la Fiorentina in Europa League.

Anche De Rossi parla di «toni sicuramente decisi ma non minatori». E infine Juan Manuel Iturbe: «Non ho capito bene cosa dicevano in quanto ero dietro i miei compagni e parlavano in dialetto stretto. Nell’occasione ci sono arrivate dagli spalti monetine e una bottiglietta d’acqua che non mi hanno colpito e un tifoso che era a cavalcioni sulla cancellatami ha chiesto di dargli la maglia. Pensavo che volesse la mia maglia in regalo e me la stavo levando, ma il mio compagno Astori mi ha invitato a non farlo e io non l’ho più levata (…) Comprendo la lingua italiana ma se parlano in dialetto romanesco non riesco a capire pienamente il significato delle parole pertanto non sono in condizione di riferire se alcuno dei tifosi mi abbia minacciato o meno». Ecco, compito del tribunale sarà quello di capire la genuinità di queste dichiarazioni. Confronto I giocatori della Roma a «rapporto» dai tifosi sotto la curva sud.

Fonte: Il Tempo

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