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Un giorno maledetto che non dimenticheremo mai

Doppio Insigne e gol di Mertens. Lo scenario ideale per immaginare in delirio il popolo azzurro, soprattutto se si contestualizza il tutto in una finale di Coppa Italia.

Eppure, quella sera, le prodezze dei calciatori azzurri vennero accolte con freddezza e dolore.

Al termine di Napoli-Fiorentina, finale di Coppa Italia disputata allo stadio Olimpico di Roma, alzata al cielo non vi fu soltanto il trofeo conquistato sul campo dagli azzurri, ma soprattutto le preghiere di tutti gli spettatori affinchè Ciro Esposito, tifoso del Napoli giunto nella capitale per assistere alla gara e rimasto vittima di un agguato all’esterno dello stadio, potesse continuare a vivere.

Era il 3 maggio del 2014, esattamente un anno fa, ma sembra ieri. Una serata di festa trasformata in un incubo. Le premesse per una straordinaria serata di calcio vi erano tutte: stadio Olimpico di Roma stracolmo di tifosi festanti, sia quelli al seguito del Napoli che quelli della Fiorentina, anch’essi sempre gioiosi e cromaticamente coinvolgenti. Prima della gara, all’esterno dello stadio, succede l’imponderabile, o forse, paradossalmente, ciò che poteva essere tranquillamente previsto.
Tra i tifosi del Napoli e quelli della Roma, purtroppo è noto, non scorre buon sangue, ma sfidando sarcasticamente questo modo di dire, quella sera di sangue ne è scorso eccome. Accade tutto in pochi attimi, striminziti, concitati, drammatici. Le prime notizie sono emozionalmente devastanti. Un tifoso del Napoli è rimasto vittima di un agguato, si teme per la sua vita.

Lo stadio si trasforma, gli umori si capovolgono, lo scenario cambia in maniera allarmante. Del gioco del calcio, in quei frangenti, non interessa più niente a nessuno. La preoccupazione sale, le voci si rincorrono, lo sdegno ribolle. La scena dei calciatori sotto le rispettive curve a colloquio con i capi-ultrà, sono solo un insignificante dettaglio rispetto a quanto di grave stava accadendo.

Si ipotizza un rinvio della gara, poi scongiurato. Si gioca, ma il pensiero, sia dei calciatori che dei tifosi, è altrove.

La gara termina, il Napoli conquista la Coppa Italia, ma di festeggiare, non se ne parla.

Finalmente si raccolgono notizie più certe, ma per niente rassicuranti. Il tifoso si chiama Ciro Esposito, un ragazzo come tanti altri che era lì spinto da una folle passione, quella per il suo Napoli. Ciro, dopo ben 50 giorni di agonia, non ce l’ha fatta, lasciando un vuoto incredibile in tutti quanti sono stari emotivamente coinvolti in questa assurda vicenda.

Il calcio italiano si interroga. Nuovamente. Ma di risposte concrete, come purtroppo accade sempre nel nostro inconcludente Paese, non ve ne sono.
Le uniche ad essere state raccolte, le uniche ad aver suscitato una quantità smisurata di ammirazione, sono quelle della mamma di Ciro, che nonostante lo smisurato dolore provato, ha sempre dispensato comprensione, perdono e commoventi segnali di pace.
Ciro vive. Da un anno a questa parte, ancor più di prima.

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