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Una coperta troppo corta

Stagione 2011-2012, nella serie cadetta del campionato italiano di calcio, si intravede una stella,

il Pescara di Zdenek Zeman. Il tecnico boemo, mai in particolare feeling con il calcio italiano degli ultimi vent’anni a causa delle sue peculiari idee tattiche e della sua etica sportiva, nelle prime sei giornate della suddetta stagione dimostra di non saper pareggiare: 3 vittorie e 3 sconfitte, 9 punti in classifica, 13 reti realizzate, altrettante subìte. Il Pescara non convince per i motivi per cui non hanno mai convinto le squadre di Zeman, per la proposizione di un calcio spumeggiante, molto offensivo e gradevole per il pubblico ma alla lunga poco redditizio. Per questa mancanza di cinismo Zeman è sempre stato accusato di essere soltanto un esteta del pallone e di essere un perdente.  Quel Pescara, però, zittisce gli anti-Zemaniani con una stagione da incorniciare: 83 punti in classifica, ben 90 gol segnati, 55 subìti, il tutto culminato in  un’auspicata promozione in serie A ottenuta matematicamente proprio sul campo di Marassi, lo stesso campo su cui il Napoli ieri ha strappato 3 punti importantissimi ai fini della sua corsa scudetto. In quel Pescara giocava un certo Lorenzo Insigne. Giocava li, esterno alto a sinistra nei tre che costituivano il trio d’attacco del 4-3-3 zemaniano, pronto a “ferire” gli avversari di turno con la sua velocità, la sua rapidità, la sua imprevedibilità e quella sua deliziosa capacità di rientrare sul piede naturale (il destro) e puntare la porta avversaria. Sembra tutto costruito per se, il modulo, l’affiatamento con i compagni, la posizione in campo. Ogni qual volta lo “scugnizzo” prende palla son dolori per gli avversari, sempre reattivo  e frizzante, rapido nelle giocate che diventano letali proprio in virtù della velocità con cui vengono eseguite. Una stagione da incorniciare, quella. 18 reti realizzate, tantissimi assist per i compagni, giocate sopraffini, dribbling ubriacanti, gol da cineteca. Una stagione che ripropone ed impone il giovane talento napoletano all’attenzione di tutti, Media e Calcio Napoli, detentore del suo cartellino. Rientrato nella sua città natale, vive il purgatorio alla corte di Walter Mazzarri per cui è costretto a scontare  la pena della panchina per purificarsi dal suo peccato: essere troppo giovane. Una stagione più fuori che dentro il campo è il giusto premio per il paradiso che ha un nome ed un cognome: Rafaèl Benitez. Il tecnico spagnolo, da subito, tiene in grande considerazione Lorenzo tanto da lanciare messaggi abbastanza chiari relativamente al fatto quel posticino li (sostanzialmente lo stesso che Insigne occupava nello scacchiere di Zeman), fosse suo. Le prime 6 partite di campionato del Napoli hanno confermato ciò. Mertens, alter ego di Insigne, sembra seguirlo nelle gerarchie di Benitez. Quel posto è sostanzialmente il suo. Facciamo una doverosa premessa: Se il Napoli sino ad oggi ha subìto pochissimi tiri in porta il merito è anche suo. A differenza del Pescara di Zeman, il Napoli dopo 6 gare di campionato ha realizzato 14 reti (una in più dei pescaresi) ed ha subìto 4 reti (ben 9 in meno dei pescaresi). Numeri nettamente a favore dei partenopei. Chi però sembra invece uscirne in ombra è proprio Lorenzo Insigne. Il talento partenopeo, sostanzialmente incline alla fase offensiva più che a quella difensiva,  dopo 6 giornate di campionato non è mai andato a segno e, soprattutto, non ha mai brillato. Quando attacca sembra meno reattivo del solito, più compassato, meno brillante, meno lucido, meno incisivo. Eccellente è invece il suo sacrificio tattico pur non avendone il passo, sempre presente in ogni ripiegamento della squadra, sempre pronto ad agire da esterno di centrocampo in fase passiva ma anche da terzino nei momenti in cui bisognava far fronte agli arrembanti attacchi degli avversari. Insomma, un Insigne a tutto campo, prezioso in fase difensiva, ma…. Si, esiste un ma. Dov’è finito l’Insigne che ubriacava gli avversari e puntava con lucidità la porta avversaria? Dov’è finita quella brillantezza di gambe che lo ha reso micidiale sotto porta? Dov’è finita quella lucidità che gli ha sempre consentito una media realizzativa molto alta ed una precisione nei passaggi che lo ha reso un assist-man di prim’ordine? La risposta sembra trovarsi proprio nel grande sacrificio tattico che Lorenzo è “obbligato” a compiere. Un compito che lo ha reso molto funzionale alla squadra ma che lo ha oscurato rispetto al faro che lo illuminava relativamente alla fase offensiva. Come riportare Insigne ad essere decisivo quando si attacca? Tocca a Benitez darci una risposta. Sembra un paradosso vista l’altezza di Insigne…ma questa coperta è davvero troppo corta.

 

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