Antonio Conte ha rilasciato una intervista al magazine 7 del Corriere della Sera, e ha parlato anche del suo carattere e del suo rapporto con i giocatori azzurri
“Il confronto duro se lo hai col singolo non è mai semplice. Non ho mai goduto di un rimprovero forte, se l’ho fatto è perché lo ritenevo necessario, rammaricandomi del fatto di non esser riuscito ad arrivare in un altro modo. Ci sono però delle situazioni in cui devono percepire che sono molto arrabbiato. L’ultima in questa stagione è successa con i ragazzi dopo la sconfitta a Como. Eravamo 1-1 all’intervallo, hanno vinto loro nel secondo tempo perché hanno avuto più fame. Beh, lì sono stato durissimo. Si può perdere ma non perché gli altri hanno più cattiveria, più ambizione”.
Sulla scelta di restare a Napoli dopo l’incontro con De Laurentiis a fine campionato. “La famiglia è un punto di riferimento ma certe scelte le faccio io. Mia moglie, mia figlia stanno molto bene a Napoli ed è un dato di fatto. Ma poi sono io che devo allenare tutti i giorni una squadra, loro non c’entrano nulla. Nell’incontro con il Presidente ci siamo chiariti, parlare è stato fondamentale. Lui ha capito gli errori o comunque le situazioni che devono essere migliorate. Ho un contratto e il chiarimento è stato il punto chiave. Il resto sono state voci che hanno fatto male, non hanno tenuto conto di come sono fatto io.
E’ molto chiaro sulle voci che parlavano di un accordo con la Juve: “Non ho avuto contatti con nessuno perché a chiunque abbia provato a cercarmi con terze persone ho sempre risposto che avrei parlato con il club a fine stagione come si fa sempre. E solo se l’incontro non avesse soddisfatto le parti avrei aperto a un’altra situazione, avendo comunque un contratto con il Napoli per altri due anni.
La squadra del Napoli? “I ragazzi sono stati sempre disponibili, mi hanno seguito fin dal primo giorno, e alla fine sono riusciti a mentalizzare il concetto di fatica, di sacrificio. Certo, a questa squadra all’inizio mancava quello che io chiamo il coltello nel calzino. Serve cattiveria sportiva, si va in guerra senza scrupoli. Poi lo hanno trovato, altrimenti non avremmo vinto il campionato. Quando alla Juve arrivò Carlos Tevez sapevamo tutti che era un campione straordinario, ma arrivò da noi con una fama di ragazzo non proprio semplice da gestire. Ebbe un inizio un po’ complicato di adattamento, ma poi a un certo punto diventò il primo in tutto nel dare l’esempio. Con ciascuno bisogna trovare la chiave di accesso. Mi costa a volte anche incazzature forti ma va bene così. Guardo all’aspetto umano e all’obiettivo.
Non ha dubbi Conte sulla partita decisiva? “Quella con l’Inter, recuperare lo svantaggio, rischiare di vincere. Dissi pubblicamente per la prima volta: “Se vogliamo, possiamo”. Era un messaggio per i miei ragazzi. Ci credevo, dovevano farlo anche loro. Poi nel calcio c’è sempre l’imponderabile. Il pareggio col Genoa ha rischiato seriamente di compromettere lo scudetto: il difensore centrale intercetta un passaggio filtrante nella sua metà campo, passa il pallone e inizia a girovagare nella nostra area, finisce al terzino sinistro che riesce a crossare nonostante io urli a Politano di impedire il cross, e il difensore Vásquez fa gol nonostante fosse in mezzo a tre nostri giocatori”.
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