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De Sanctis senza peli sulla lingua: “Alla Juve interessa solo vincere, non importa come. La Supercoppa di Pechino la più grande amarezza, ma sbagliammo anche noi “

Morgan De Sanctis ha parlato senza alcun velo delle polemiche nate in seguito all’arbitraggio di Juventus-Roma e delle relative speculazioni.

L’ex portiere del Napoli, dalle colonne de La Gazzetta dello Sport, si è soffermato anche su diversi aspetti della sua passata avventura azzurra. 

Il “pirata Morgan” esordisce così: «Senta, do­ma­ni sul gior­na­le vo­glio leg­ge­re tutto quel­lo che le dirò. Non tolga nulla».

Stia tran­quil­lo De Sanc­tis, ma se il cal­cio ita­lia­no è messo male lei – a 37 anni, da por­tie­re di gran­di club e con­si­glie­re fe­de­ra­le – può es­se­re ac­cu­sa­to di con­cor­so di colpa. Si di­chia­ra col­pe­vo­le o in­no­cen­te?

«As­so­lu­ta­men­te in­no­cen­te. Io sono con­si­glie­re ma di op­po­si­zio­ne. La mia com­po­nen­te ha ap­pog­gia­to Al­ber­ti­ni. Evi­den­te­men­te il cal­cio ita­lia­no non era pron­to per un vero rin­no­va­men­to. Certo Ta­vec­chio è stato elet­to e ora è anche il mio pre­si­den­te, però fin quan­do non avre­mo venti stadi nuovi e nuove leggi non cam­bierà nulla. Il cal­cio è lo spec­chio del Paese, ma la parte mi­glio­re del mio mondo re­sta­no sem­pre i gio­ca­to­ri e i ti­fo­si. Ov­via­men­te, con le de­bi­te ec­ce­zio­ni pre­sen­ti in tutte le ca­te­go­rie».

Per­si­no Mi­chel Pla­ti­ni ha par­la­to delle polemiche seguite a Juve-Roma.

«Ha una vi­sio­ne trop­po ri­stret­ta, è stato solo ju­ven­ti­no. Spero abbia usato l’iro­nia, visto che ha detto di non aver visto la par­ti­ta. Ma da pre­si­den­te Uefa non è stato op­por­tu­no par­lar­ne».

Ne parli lei, al­lo­ra.

«Dico solo che i vin­ci­to­ri do­ve­va­no ab­bas­sa­re i toni e in­ve­ce è stato il con­tra­rio. Io dico che di­scu­te­re non è ne­ga­ti­vo. Il cal­cio vive di po­le­mi­che e tea­tra­lità. Con 20 anni di cal­cio alle spal­le, Totti ha fatto bene a par­la­re dopo il match. Bi­so­gna saper per­de­re, ma si fa fa­ti­ca ad ac­cet­ta­re certe de­ci­sio­ni perché si ha la sen­sa­zio­ne di non gio­ca­re ad armi pari».

Sem­bra­no le pa­ro­le del Na­po­li dopo la Su­per­cop­pa persa con la Juve a Pe­chi­no nel 2012.

«È l’ama­rez­za più gran­de della car­rie­ra. Anche quel­la una pa­gi­na non bella del cal­cio ita­lia­no».

Be’, non vi pre­sen­ta­ste alla pre­mia­zio­ne…

«Qual­cu­no di noi provò ad op­por­si al pre­si­den­te De Lau­ren­tiis, ma su­bim­mo la sua de­ci­sio­ne. Fu una cosa sba­glia­ta». 

Di­reb­be Buf­fon: bi­so­gna anche saper per­de­re.

«Io e Gigi siamo an­zia­ni e forse stia­mo per­den­do la me­mo­ria. Lui poi in car­rie­ra ha avuto molti più suc­ces­si che de­lu­sio­ni. I gio­ca­to­ri della Juve sba­glia­no a sen­tir­si per­se­gui­ta­ti. Sono ugua­li agli altri e si com­por­ta­no alla stes­sa ma­nie­ra: l’unica dif­fe­ren­za è che in Ita­lia vin­co­no spes­so. Come di­co­no a To­ri­no? “Vin­ce­re non è im­por­tan­te: è l’unica cosa che conta”. Do­vreb­be­ro ag­giun­ge­re: “E non ci in­te­res­sa tanto come”. Non parlo di furti, in­ten­do dire che do­vreb­be­ro am­met­te­re di es­se­re stati for­tu­na­ti e non trin­ce­rar­si die­tro la tesi dell’ac­cer­chia­men­to. Io a Gigi posso in­se­gna­re come si perde; un gior­no però spero di po­ter­gli in­se­gna­re anche come si vince».

Non fac­cia il santo: lei era nella Juve del 1997-98 che vinse il cam­pio­na­to di Ro­nal­do e del ri­go­re ne­ga­to: che cosa pen­sa­va in quei gior­ni?

«Che la sud­di­tan­za psi­co­lo­gi­ca esi­ste. Nell’Udi­ne­se devi ac­cet­ta­re cose che non sem­pre si ve­ri­fi­ca­no ma non ti sor­pren­do­no. Con Na­po­li e Roma si ve­ri­fi­ca­no meno. Sulla Juve oc­cor­re fare una va­lu­ta­zio­ne ge­ne­ra­le: tutto quel­lo che ha vinto nel cal­cio ita­lia­no non è pro­por­zio­na­le a quel­lo che ha vinto all’este­ro. Ed è un qual­co­sa che fa ri­flet­te­re…». 

Anche lei mette gli ar­bi­tri nel mi­ri­no?

«Pre­mes­so che, con le giu­ste li­mi­ta­zio­ni, sono fa­vo­re­vo­le all’in­tro­du­zio­ne della mo­vio­la in campo, credo che il ruolo dell’ar­bi­tro sia il più dif­fi­ci­le. Prima di Cal­cio­po­li la clas­se ar­bi­tra­le era poco li­be­ra nei fatti, l’at­tua­le in­ve­ce è li­be­ra e bi­so­gna con­ce­de­re loro l’er­ro­re. Non c’è di­so­ne­stà in­tel­let­tua­le, ma pur­trop­po il si­ste­ma ita­lia­no si muove con leggi non scrit­te in cui il po­ten­te ha sem­pre ra­gio­ne e gli si può con­ce­de­re tutto».

Parla anche della pres­sio­ne che si re­spi­ra allo Ju­ven­tus Sta­dium?

«L’ar­bi­tro ar­ri­va lì con 5 as­si­sten­ti, non ne ha bi­so­gno di altri cin­que. Ho an­co­ra nella me­mo­ria i flash dopo il primo ri­go­re per il mani di Mai­con e dopo il gol di Totti: è as­sur­do che 4-5 ju­ven­ti­ni deb­ba­no an­da­re a pro­te­sta­re da Roc­chi, che è bra­vis­si­mo. E’ una si­tua­zio­ne stu­dia­ta che usano nei mo­men­ti d’in­de­ci­sio­ne».

Sul pericolo calcioscommesse  «Le ul­ti­me gare di fine campionato in ef­fet­ti sono di dif­fi­ci­le ge­stio­ne, ma le cose stan­no cam­bian­do dopo l’in­chie­sta di Cre­mo­na. C’è una consapevolezza nuova. Le ma­net­te fanno paura».

Me­glio così, la sua Udi­ne­se era una cen­tra­le di scom­mes­se.

«Io non l’ ho mai fatto e quel­li che a Na­po­li mi hanno ti­ra­to in mezzo li sto per­se­guen­do per legge, ma am­met­to che c’è stata su­per­fi­cia­lità. Chi ha sba­glia­to però ha pa­ga­to. Co­mun­que ben ven­ga­no le de­nun­ce, tipo quel­le di Zeman sul do­ping. Prima i cal­cia­to­ri si fi­da­va­no e pren­de­va­no di tutto».

Che fa­reb­be con­tro il tifo vio­len­to?

«È un pro­ble­ma isti­tu­zio­na­le: chi fa cose sba­glia­te deve es­se­re pu­ni­to. In car­rie­ra ho visto so­cietà con­ni­ven­ti, ma non creda a chi le dice che prima tutto era più bello. Le cose sono mi­glio­ra­te, ma all’este­ro sono cre­sciu­ti di più e ades­so non siamo in vetta».

Ha avuto com­pa­gni con­ni­ven­ti con gli ultrà?

«Non posso ne­gar­lo, e con loro sen­ti­vo di non poter avere rap­por­ti li­be­ri. Ma co­mun­que li po­trei con­ta­re sulle dita di due mani, non di più».

Ca­pel­lo disse che il mo­men­to più basso della car­rie­ra fu quan­do fu ob­bli­ga­to a par­la­re con gli ultrà: è vero che a lei a Na­po­li è ca­pi­ta­to grazie alla Digos?

«Sì, è vero. A volte si trat­ta di saper ge­sti­re certe si­tua­zio­ni. Ma non mi piace quan­do di­co­no frasi tipo “Ti­ra­te fuori le palle” e cose del ge­ne­re. I ti­fo­si de­vo­no sa­pe­re che siamo sem­pre at­tac­ca­ti alla ma­glia».

Che cosa teme per Na­po­li-Ro­ma dopo la morte di Ciro Espo­si­to? Lei su­bi­to è stato vi­ci­no alla fa­mi­glia.

«So che forse non ser­virà, ma io un ap­pel­lo vo­glio farlo lo stes­so. Na­po­li e Roma sono città che si as­so­mi­glia­no sotto tanti punti di vista e de­vo­no tor­na­re ad es­se­re ami­che come una volta. Mi di­spia­ce che mamma An­to­nel­la abbia cri­ti­ca­to Totti. È stata una stru­men­ta­liz­za­zio­ne perché Fran­ce­sco par­la­va della sua espe­rien­za di vent’anni. Co­mun­que nel nome di Ciro dob­bia­mo fer­ma­re la spi­ra­le dell’odio».

Ades­so si fa fa­ti­ca par­la­re di cal­cio gio­ca­to…

«Guar­di, la aiuto io. Lo scu­det­to lo vin­co­no le più forti e noi e la Juve lo siamo, ma a To­ri­no ab­bia­mo di­mo­stra­to di es­se­re me­glio di loro. Per la Cham­pions faremo il pos­si­bi­le, però la corsa è al ti­to­lo. Guar­di che non vo­glia­mo ar­ri­va­re se­con­di, ma vin­ce­re. Pos­sia­mo far­ce­la, e l’ab­bia­mo ca­pi­to dalle loro rea­zio­ni».

Col Chie­vo è pron­to a tor­na­re ti­to­la­re: ma dav­ve­ro vuole smet­te­re a fine anno?

«La Roma mi ha fatto una pro­po­sta e io sto ri­flet­ten­do, entro di­cem­bre darò una ri­spo­sta. Vor­rei chiu­de­re nel mi­glio­re dei modi, al­tri­men­ti po­trei an­da­re negli Stati Uniti».

 

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