Editoriale

Calcio, razzismo e dintorni, la banalità del male e dei suoi patetici rimedi

allianz stadium juventus

Il popolo del calcio stravaccato sui lettini in riva al mare o a passeggio tra ameni sentieri di montagna o sofferente al lavoro in torride città sussulta ad ogni bip del cellulare.
Notifiche attivate e allert di calciomercato, fiato sospeso, spasmodica attesa, tutto normale, situazione standard.

Poi accade l’imprevisto e si scatena il finimondo.

La Juventus vieta la vendita dei biglietti per assistere alla partita contro il Napoli ai nati qui.

Apriti cielo, e neppure stavolta si c’entra l’obiettivo.

La vera prepotenza è stata porre delle limitazioni, in parte ritrattate, prima che gli organi preposti si fossero espressi.

Per il resto, sul piano concettuale, escludere da un evento sportivo i nati o i residenti rappresenta la stessa, identica, vergognosa, inaccettabile discriminazione, indegna, come tante altre di un paese ‘civile’.

Limitare la partecipazione a prescindere, usando come metro la geografia di appartenenza o di nascita, è razzista e stupido.

Così come razzisti sono i cori e le offese, piaghe incancrenite che sterili dibattiti, levate di scudi fini a se stesse o commenti sociologici e pseudo intellettuali, non estirperanno mai.

Ci vogliono decisioni serie, leggi certe, punizioni inappellabili, il resto è inutile. Serve solo ad intrattenere i drogati di pallone che a metà agosto sono in piena crisi di astinenza ingestibile anche dal metadone-calciomercato.

Ben venga l’ironia che almeno strappa una risata ma il resto risparmiatecelo.

La banalità del male è seconda solo ai suoi flosci tentativi di estirparlo.

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