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Ciao Diego, agli immortali come te non si dice addio

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Ciao Diego, perdonami ma dirti addio non ci riesco proprio. Con un passo del tango che ti piaceva ballare hai deciso di andare a occupare il posto che ti compete: nell’Olimpo degli dei consegnato all’immortalità. 

Per noi comuni mortali, per noi che ti abbiamo amato come uno di famiglia anche senza aver mai incrociato il tuo sguardo è difficile accettarlo. Ma hai deciso così e come sempre a noi quello che fai tu va sempre bene.

Ora sarebbe scontato onorare la tua immensa grandezza ricordando le tue magìe, i tuoi gol unici per bellezza.

Come quella punizione segnata alla Juventus o come la serpentina mondiale contro l’Inghilterra: due gol segnati giusto per chiarire la differenza che c’è tra un comune top player e un irraggiungibile extraterrestre.

Un gol con la maglia del Napoli, l’altro con quella dell’Argentina. In pratica con le maglie delle tue due Patrie non solo calcistiche, come a voler spiegare ai libri di storia cosa significa essere un vero eroe dei due mondi.

C’è chi le rivoluzioni le fa con la tristezza e il dolore delle armi, tu invece l’hai fatta con la gioia e la felicità che ha saputo regalare il tuo piede sinistro.

Già caro Diego, perché tu nel calcio hai fatto la rivoluzione.

Secondo te non è da rivoluzionari del calcio vincere un mondiale da solo? Secondo te non è da rivoluzionari del calcio vincere due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e una Supercoppa Italiana con la maglia del Napoli?

Dai Diego a me puoi confessarlo che hai pensato che sarebbe stato troppo facile vincere con il Real Madrid o il Bayern Monaco o la Juventus piuttosto che con il Brasile formato da undici fuoriclasse. Per questo hai deciso di farlo con il Napoli mai vincente e con la nazionale argentina forse più scarsa della storia.

Però purtroppo caro Diego chi decide di rivoluzionare le strategie studiate dai potenti si fa anche dei nemici. Nemici subdoli e diabolici.

Proprio come è successo vincendo quella semifinale a Italia 90. Proprio come è successo quando a USA 94 hai provato a infrangere il sogno del brasiliano Joao Havelange di chiudere il suo mandato da presidente della FIFA con il Brasile campione del mondo.

Vorrei dirti ancora tante cose ma sto bagnando la tastiera con le lacrime che non riesco più a trattenere.

Ti chiedo solo perdono per non essermi tatuato sulla mia pelle il biglietto che ho comprato solo per vederti salire le scale del San Paolo. Proprio come tu ti sei tatuato Che Guevara, il simbolo della rivoluzione.

Perché quel 5 luglio 1984 è stato l’inizio di un amore indelebile ma soprattutto di una rivoluzione che nessun altro sarebbe stato in grado di fare.

Ciao Diego ma non addio. Alle leggende come te, agli immortali come te non si dice addio ma solo grazie di tutto.

W la Revolución !!!

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