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Dallo “zingaro” di De Rossi ai cori sul Vesuvio e il colera: il lato triste della ventunesima giornata di Serie A

Dopo le “banane” di Tavecchio, le “lesbiche” di Belloli e il “finocchio” di Sarri, l’immagine del calcio italiano all’estero è sempre più in crisi.  Non ha fatto in tempo a sgonfiarsi la polemica tra Sarri e Mancini dopo il match di Coppa Italia dello scorso martedì, che il calcio italiano si trova ad affrontare un nuovo episodio di “dialettica sopra le righe” avvenuta in campo.

Questa volta il protagonista è il romanista De Rossi che sembrerebbe abbia insultato il croato della Juventus Mandzukic dicendogli “Stai muto zingaro di m…”. L’allenatore della Juventus Allegri ha liquidato la questione con un semplice “In campo i calciatori si dicono tante cose”.  L’allenatore della Roma Spalletti ha invece preso le difese del suo calciatore giustificandolo per il fatto che “Lo juventino ha preso per il c… tutti per dieci minuti e nessuno gli ha detto niente. De Rossi ha risposto al suo avversario. Gli insegnerò a mettere la mano davanti alla bocca quando parla”.

Solo poche ore prime della partita dello Juventus Stadium, al Luigi Ferraris di Genova dove si stava giocando Sampdoria-Napoli, i tifosi blucerchiati si sono resi protagonisti di un’altra triste pagina di intolleranza territoriale. Cantati per oltre venti minuti da un’intera curva, cori contro i napoletani inneggianti il Vesuvio e il colera, moda questa oramai in voga da due anni a questa parte anche negli stadi dove il Napoli non è protagonista della partita che si sta giocando in campo.

Difficile sapere se sono cose che accadono solo nel calcio e soprattutto solo nel calcio italiano. Di certo decisioni come quella di Tavecchio di depenalizzare nel 2014 la discriminazione terriotoriale, non è stato un segnale positivo per il movimento calcistico italiano. Forse non è un caso che da quel giorno sono aumentati i casi di offese razziste e manifestazioni di incivile intolleranza, sia in campo che sugli spalti.

Intanto tra gli organi di informazione, in nome di quella che sembrerebbe essere diventata una crociata anti-Napoli, c’è chi equipara i fischi agli avversari (ma attenzione solo quelli del San Paolo) ai cori di discriminazione territoriale inneggianti la morte di un’intera popolazione.

 

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