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Il senso da cercare in questo Napoli-Juventus

Al cuor non si comanda e certamente il cuore dice che questa partita non sarà mai come tutte le altre, anzi, il cuore dice pure che Napoli – Juventus non sarà mai “una partita” ma sempre “LA partita”, unica e inimitabile.

Forse non sarà così per loro, per la società più blasonata d’Italia che ha vinto 7 scudetti consecutivi, che quest’anno vincerà l’ottavo e l’anno prossimo capovolgerà quell’ “8” come a formare il segno dell’infinito, infiniti scudetti e infinite stelline sul petto e infiniti successi europei.

No, quelli decisamente meno infiniti. Per loro, dicevamo, sarà ormai una partita come tante ma, in fondo, chi sono loro? Sono una tifoseria (la più grande d’Italia) eterogenea che affonda le sue radici nell’Aspromonte calabro e mette le foglie nel Piemonte sabaudo. Ma proprio dal sud ogni domenica parte l’esodo dei tifosi in esilio (per scelta, mica per obbligo) verso lo Stadium, un sud che preferisce vincere infiniti scudetti piuttosto che tifare i propri colori, e ancor più gusto trova nel tenere al giusto posto la squadra più forte (attualmente e storicamente) del meridione. Così, in fin dei conti, questa partita un po’ di senso ce l’avrà anche per loro, ne siamo certi.

Il problema però è che oltre al ribollir del sangue questo match non trova altro significato, la classifica è perentoria: bianconeri a +13. In buona sostanza si gioca per l’onore, che in un calcio dove conta solo vincere (come la Juve ci insegna) non significa poi molto. Ora, senza voler azzardare con le provocazioni, diciamo una cosa: se il Napoli dovesse perdere non cambierebbe poi molto.

Si prega tutti insieme che non sia così, si fanno i dovuti scongiuri, stringendo i corni di corallo, che l’undici di mister Ancelotti annichilisca l’avversario e, possibilmente e sportivamente, lo umili nel risultato per lasciarci una, ma grande, soddisfazione stagionale. A quel punto, quando gli juventini cuciranno sul petto l’ottavo tricolore consecutivo, saranno un po’ meno inclini a ricordarci la statistica (ma non ci contiamo troppo).

Questo è l’augurio, la scaramanzia ce lo impone. Però guardiamo ai fatti: stiamo per assistere alla sfida tra la prima e seconda del campionato italiano, praticamente il top del top, è questa partita non conta già più nulla. La Juventus ha chiuso questo campionato nell’ultima gara del girone di andata, quando il Napoli perdeva i 3 punti a Milano, sponda Inter. Da quel punto in poi la forbice è andata allargandosi inesorabilmente fino ad arrivare a questo match, che non sposta gli equilibri di un millimetro.

La cosa preoccupante, molto più di un eventuale –16 dalla vetta, è che il match dei match si giocherà in una cornice da finale dei play-off di serie B. Ad oggi sono circa 30 mila i tagliandi venduti, si faticherà ad arrivare a 40 mila posti occupati, il sold out è lontano almeno quando la Juventus in classifica. Non è una gran sorpresa a dire il vero, le partite casalinghe degli ultimi tempi hanno palesato questo trend negativo che sublima nell’assenza di pubblico proprio per la partita più importante.

È difficile capire che segnale rappresenti questo San Paolo mezzo vuoto. Di certo non è una critica alla squadra che ha mantenuto un livello molto simile a quello dello scorso anno, mancando nel salto di qualità necessario per raggiungere una Juve semi-perfetta. Di sicuro è una critica alla società e alla presidenza colpevole delle cose di cui di solito è colpevole la maggioranza dei presidenti: non vincere. Seguono una serie di limitazioni non da poco: i non residenti in Campania possono acquistare solo con la tessera del tifoso; i residenti non possono acquistare più di un biglietto; gli stranieri (per il momento) non potranno assistere al match anche se hanno già organizzato il viaggio.

Insomma, le motivazioni sono tante ma probabilmente nessuna può colmare questo vuoto di senso che è il San Paolo semi-vuoto nel match delle grandi occasioni. Addirittura tra gli assenti ci potrebbe essere anche lui, il fenomeno: Cristiano Ronaldo. Pare che una botta alla caviglia sinistra gli impedisca di partecipare alla trasferta, in più il 12 marzo a Torino c’è l’Atletico e una missione da compiere. Gli stessi tifosi gridano ad Allegri sui social: “non t’azzardare a convocarlo”, e tutto lascia pensare che così sarà.

Così alla fine questo Napoli che sta digerendo sempre meglio il gioco Ancelottiano, che a parte Albiol e Mario Rui (in forse) non ha grandi assenze e si presenta davanti alla capolista senza più nulla da perdere, rischia proprio di fare il colpaccio.

Di sicuro i bookmaker la danno favorita, e non di poco. Quindi le scuse stanno a zero, l’obiettivo deve essere vincere e divertire, il primo passo per un San Paolo che deve tornare colmo come ci ha abituato ad essere.

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