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Io sono Zlatan, prima parte: le origini del mito

zlatan ibrahimovic

Questa è la storia di Zlatan Ibrahimovic, uno dei più grandi giocatori della sua generazione. In questa prima parte, le origini dal Malmo all’Ajax.

 

 

 

Come si fa a raccontare Zlatan Ibrahimovic?

Zlatan è stato uno dei giocatori più importanti della sua generazione. Forse non il più forte (e anche questo è tutto da dimostrare) ma sicuramente il più iconico. Perché è unico. Prendete tutti i gol di Cristiano Ronaldo e di Messi, tutti i trofei vinti, i paragoni fatti, il monopolio del Pallone d’Oro e nonostante questo, per chi l’ha vissuta, questa epoca appartiene a lui. Perché non c’è mai stato, non c’è ora e non ci sarà mai più uno come Zlatan Ibrahimovic.

E come potrebbe?
Un ragazzone di oltre un metro e novanta per 90 kg di peso, con un background da takewondo, capace di una grazia impensabile per uno con la sua struttura. Piedi educati alla brasiliana, frutto di ore e ora di incessanti allenamenti nello studio del suo idolo, Ronaldo (quello vero, il Fenomeno) abbinati ad una potenza fisica e di calcio difficilmente replicabile in un campo di pallone. Ibra ha avuto sempre in sé la capacità di modificare la realtà a suo piacimento e non si può non notare nelle sue giocate come una scintilla divina scoccare nel rendere quello che fa, praticamente sempre, l’unica cosa giusta da fare in quel dato momento.

“Zlatan non fa provini”.

La sua carriera inizia lì dove inizia la sua vita, il 3 ottobre del 1981 in Svezia, a Malmo, da genitori immigrati Jugoslavi. Vive a Rosengard con il padre, di origine bosniaca separato dalla madre di origini croate. Trova spazio nel Balkan, squadra di Malmo fondata da immigrati slavi e si diverte a fare il fenomeno: in una partita entra dalla panchina con la squadra sotto 0-4, otto gol di Zlatan e tutti a casa. A 15 anni passa nelle giovanili del Malmo. A 17 anni Arsene Wenger lo chiama per invitarlo ad un provino con il suo Arsenal, la risposta di Zlatan è secca, indignata, ma come si è permesso? “Zlatan non fa provini”.

Ecco, 17 anni, cresciuto a pane, Ronaldo e calcio, mentre il padre alcolista si addormentava davanti alle videocassette di boxe, il piccolo Ibra ha avuto modo di imparare il culto della personalità dal migliore in assoluto in tal senso: Muhammad Ali. “I am the greatest” non sarà solo un ritornello che risuonerà nella sua testa e nei suoi atteggiamenti, ma un mantra che lo porterà anche a scontrarsi con il razzismo. Difatti, durante un allenamento tirerà una testata ad un compagno di squadra ricevendo lettere da parte dei genitori dei compagni che intimavano la società di estrometterlo.

Con il Malmo nella prima stagione da professionista gioca poco, 6 presenze ed un gol e la squadra retrocede. L’anno successivo è titolare: secondo posto, 14 gol (capocannoniere della squadra) e promozione centrata. Ma è nella pausa tra le due stagioni che il primo segno “divino” scende sulla terra. In un’amichevole inutile, un osservatore dell’Ajax è presente sugli spalti. Come detto, Zlatan veniva da una stagione senza acuti e sembra aver scelto il momento giusto per fare una cosa “à la Zlatan”: salta con un sombrero due avversari, li brucia sullo scatto e va a segnare in area di rigore. Risultato, a fine stagione sarà l’acquisto più costoso nella storia dell’Ajax: 80 milioni di corone (poco più di 8 milioni di euro) e maglia numero “9” sulle spalle.

“Io sono Zlatan, voi chi cazzo siete?”

La leggenda narra che così si presentò negli spogliatoi della sua nuova squadra, a 20 anni. L’approccio non è dei migliori, anche perché lui non passa il pallone. Mai. Si incaponisce nel voler mostrare la sua superiorità dribblando gli avversari senza concretizzare. E così finisce alle spalle di Mido, che segna e porta l’Ajax a vincere il campionato. Tutti spingono perché Ibra lasci la squadra, incolpando la società di aver speso tanti soldi per questo zingaro che non merita di stare lì: “Ce ne sono già troppi di voi”, dirà un cronista sportivo olandese. Ancora il razzismo, ancora problemi, ancora tutti ad avercela con quel ragazzo problematico pieno di rabbia e di immenso talento.

Tengono duro, lui e l’Ajax, la nuova stagione inizia con la Champions League: doppietta di Zlatan, l’Ajax vince e tutto cambia. Ancora una volta è riuscito a piegare il mondo al suo volere. Con la maglia dell’Ajax segnerà 35 gol in 74 partite, vince 2 campionati, una coppa ed una supercoppa e rischierà di morire quando Mido, stufo delle sue critiche dopo una partita che l’egiziano (sconfortato dall’essere finito a fare la sua riserva) gioca malissimo, gli lancerà un paio di forbici mancando la sua testa di centimetri. I due, poco dopo, ci risero su e nacque un’amicizia. Il mondo è strano. Perché Zlatan è unico.

Nell’agosto del 2004, in un’amichevole tra Olanda e Svezia, quasi rompe una gamba al capitano dei lancieri Van Der Vaart, che lo accusa di averlo fatto apposta. Lo scontro nel club è aperto: “ripetilo ancora e ti spezzo tutte e due le gambe, questa volta di proposito” risponde uno stufo Ibra. La nuova stagione inizia, in una gara contro il NAC Breda i tifosi lo fischiano ad ogni pallone toccato, stufi della presunzione e dal carattere di questo zingaro svedese. Lui risponde come solo lui può fare: doppietta, vittoria ed un gol mettendo a sedere letteralmente tutta la squadra avversaria, lo stadio esplode. Prima mi fischiavate, ora tutti mi acclamate. Il saluto di Zlatan, che pochi giorni dopo firmerà per la Juventus.

 

 

Qui finisce la prima parte di “Io sono Zlatan”.
La seconda parte sarà pubblicata sabato, ore 12.30 qui, su 100×100 Napoli.

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