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La Campagna Anti Contraffazione Fenomeno da Annullare

La responsabilità sociale applicata allo sport è un concetto ampio e flessibile. Si può misurare l’impatto del club rispetto il territorio, la comunità locale e l’ambiente circostante. La responsabilità sociale può applicarsi attraverso percorsi di formazione sui propri tesserati partendo dagli atleti e coinvolgendo in maniera diretta tecnici e dirigenti.

Le partnership in regime di co-marketing con gli sponsor e le strategie di fidelizzazione dei supporter, sono un’alta opportunità. Poi, c’è il caso particolare, come quello della squadra portoghese dello Sporting Lisbona, che vede i calciatori protagonisti di un’azione a dir poco non convenzionale per lanciare un messaggio diretto, d’impatto su uno specifico tema.

Accade così che, in una delle ultime partite casalinghe disputate contro l’Arouca, i campioni bianco verdi decidono di apporre sulle loro maglie dei nomi “particolari”, leggermente modificati. Il portiere della nazionale lusitana, Rui Patricio sul retro della maglia diventa Rui Patrissio, ma non è il solo, Teo Gutierrez, viene ribattezzato Guterres, così come sulla maglia da gara di Joao Mario, il nome che appare è quello di J. Dario. Non vi basta? Una nostra vecchia conoscenza, l’ex interista Schelotto, corre sulla fascia con il nome Squeloto.

L’imbarazzo dei tifosi presenti allo stadio è evidente: non è verosimile che un club come lo Sporting possa aver commesso un errore così grande? Possibile che i giocatori ed i dirigenti non si siano accorti dell’errore? Il dilemma viene risolto dopo appena 45 minuti, quando lo speaker dello stadio, attraverso un annuncio, lancia a gran voce la campagna anti-contraffazione del club di Lisbona. Una presa di posizione importante, un’azione originale e probabilmente eccezionale che ha sicuramente colpito tutti, inviando un messaggio chiaro e diretto ai primi stakeholder: i tifosi. Si parla spesso di fonti di ricavo diversificate, un tema molto caro alle Società Sportive che in diversi modi provano ad ampliare le iniziative e gli eventi che possano consentire di ampliare il proprio bacino d’utenza e potenziare i ricavi economici.

La contraffazione delle magliette è, oggi, una realtà concreta che frena il settore del merchandising ufficiale delle squadre, in Italia ed a Napoli, questo fenomeno costa, ogni anno, milioni di euro.

Riprendendo uno studio del 2010 della Società specializzata nella protezione dei marchi MarkMonitor, incentrata sulle vendite di capi di abbigliamento sportivo online, i numeri parlano chiaro: lo studio identificò più di 1.300 siti web di e-commerce, che vendevano magliette di origine discutibile, con uno o più marchi compresi nell’analisi. I siti in questione registravano più di 56 milioni di visite l’anno, per una vendita di oltre 800.000 articoli l’anno. La grande maggioranza di questi siti era collegata a domini cinesi. Il contrasto tra materiale contraffatto e prodotti originali era ed è ovviamente inevitabile.

Oggi i dati ed il fatturato del mercato dei “falsi” è cresciuto, insieme al conseguente danno economico subito dai club e dai produttori ufficiali. Un fenomeno legato al merchandising ma anche alla vendita dei biglietti delle principali manifestazioni sportive. Sempre la MarkMonitor, attraverso una ricerca incentrata su Euro 2012, aveva segnalato 94 siti non autorizzati che vendevano biglietti per la fase finale dell’Europeo. Per questo l’azione dello Sporting Lisbona vale molto.

Possiamo considerarla un’iniziativa di marketing, una strategia non convenzionale, una campagna di sensibilizzazione, ma soprattutto un modo intelligente ed efficace di applicare il concetto di responsabilità sociale in ambito sportivo. Un esempio da seguire, anche in Italia, un modo originale per combattere l’illegalità e proteggere il proprio marchio sportivo. Un caso che molti club italiani dovrebbero analizzare e valorizzare al fine di combattere uno dei problemi che tiene in ostaggio le nostre squadre.

Fonte: Sport Business Management

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