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La triste storia di un paese dove si limitano le libertà più semplici perché non si riescono a far rispettare le regole più elementari.

Ci sono fatti e comportamenti che diventano parametri di misura della civiltà di un paese.

Oggi, ha, giustamente, grande eco mediatica la vicenda del bimbo, costretto a guardare Fiorentina-Napoli con la maglia, della squadra del cuore, indossata alla rovescia. Purtroppo, però, non è la prima volta.

Nella scorsa stagione, raccontando il pre partita di Roma-Napoli per Canale8, nel corso di EnergiAzzurra, avevamo denunciato quanto accaduto ad una bimba di circa 3/4 anni.
All’esterno dello stadio Olimpico, una bimbetta, con indosso la maglia del Napoli, in compagnia del papà, si affrettava allegramente verso i tornelli, quando, su invito delle stesse forze dell’ordine presenti, le fu fatto indossare l’anonimo giubbottino, per nascondere l’azzurro che, a loro dire, poteva essere causa di rischio per l’incolumità. Lo denunciammo in diretta e chiedemmo spiegazioni ai poliziotti ma nessuno volle venire ai microfoni. Alzate di spalle, scuse mormorate ed espressioni mortificate che raccontavano, benissimo, l’impotenza e la rassegnazione di chi dovrebbe garantire, a tutti, di poter serenamente indossare una maglia.

Eppure, per ogni partita di calcio, vengono dispiegati a migliaia, tra polizia, carabinieri e guardia di finanza. Personale, sottratto al lavoro ordinario, per motivi di ordine pubblico…

C’è da riflettere su eventi simili, considerando che, per lungo tempo, all’interno del Maradona, si veniva multati per cambio di posto e sventolio di bandiere. Senza dimenticare che, negli stadi di tutta Italia, va in scena da anni sempre lo stesso copione. Pre-durante-post animato da suoni gutturali, emessi da subumani che offendono e violentano una città ed un popolo. Le incongruenze italiane, sono endemiche e patologiche a tutti i livelli e, il calcio, come sempre, ce le sbatte in faccia come un sonoro schiaffone.

Peccato, che chi dovrebbe agire e rimettere ordine, sia anche molto bravo a scansare i ceffoni emotivi e, così, tutto si perde nel nulla e diventa un mulinello di aria leggera che vola via.

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