Primo Piano

San Siro, 10 anni dopo: Carlo Ancelotti torna a casa

Ancelotti Milan

Carlo Ancelotti, questa sera, alla guida del Napoli, tornerà per la prima volta a San Siro da avversario dopo 10 anni dal suo addio al Milan.

 

 

Niente è come casa. Certo, a meno di casi eccezionali. Casa è quel posto in cui, diciamolo per una volta senza paura di risultare banali o “terra terra”, ti senti bene. C’è poco da fare. Il posto in cui senti vibrazioni positive che ti rilassano e allo stesso tempo, stimolano. Il posto in cui se ti fermi un attimo di troppo a pensare, partono i ricordi, quelli belli, che ti lasciano il sorriso sul viso o che fanno cadere una lacrima prima ancora che tu te ne accorga, così, spontaneamente. Casa è dove tutto è più familiare che altrove, il posto che riconosci e in cui ti riconosci.

San Siro è la casa di Carlo Ancelotti. Non di Carletto di Reggiolo, né della leggenda Carlo Magno, ma Carlo Ancelotti, semplicemente uno dei più grandi (giusto per concedere a tutti il beneficio del dubbio) allenatori di calcio mai esistiti. Sicuramente il più vincente nella storia del calcio europeo, dati alla mano, non per opinione. San Siro, dove tornerà, stasera, per la prima volta da avversario dopo 10 anni. E allora sì, obbediamo alla filosofia social per un secondo e facciamola questa “ten years challenge” e riavvolgiamo il nastro. Il 31 maggio 2009, dopo una vittoria al Franchi contro la Fiorentina e 420 panchine all’attivo (secondo di sempre dopo Nereo Rocco), Carlo Ancelotti lasciava il Milan per la seconda volta nella sua vita. E per 10 anni in cui avrebbe vinto (continuato a vincere, scusate) ai quattro angoli del calcio europeo, non tornerà mai più a San Siro da avversario.

Per la seconda volta, sì, perché se San Siro è casa di Carlo Ancelotti, l’uomo che conquistò l’Europa, è anche perché vi approdò nel 1987, quando in campo ci scendeva con calzoncini e tacchetti, agli ordini di Arrigo Sacchi in quel Milan degli olandesi di cui lui era la mente, il faro, l’uomo d’ordine. In cinque anni conquisterà 2 scudetti, una Supercoppa Italiana e, consecutivamente, 2 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe Europee e 2 Coppe Intercontinentali. In rossonero, a San Siro, Carlo ci ha chiuso la carriera da calciatore segnando una doppietta contro il Verona. Poi le panchine di Reggiana, Parma, Juventus. In bianconero le prime, vere delusioni, le critiche, forse dubbi. E quando hai bisogno di stare bene, dov’è che abbiamo detto che solitamente si va?

Casa. Il 5 novembre del 2001 subentra a Fatih Terim sulla panchina del Milan. Il resto è storia non solo recente del calcio italiano ed europeo. Il Milan di Ancelotti è entrato nell’immaginario collettivo come dinastia, squadra, collettivo di giocatori straordinari, tra palloni d’oro e leggende di questo sport. Quel Milan è l’ultima squadra italiana ad aver aperto un ciclo vincente in Europa, con 2 Champions League (più una finale persa), 1 Coppa Intercontinentale e 2 Supercoppe Europee in otto anni, con uno scudetto, una Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana, tanto per farsi sentire anche in patria. Ma più dei freddi numeri, gli anni rossoneri sono quelli del 4-4-2 “a rombo”, con l’invenzione (tramandata da Mazzone) di Pirlo spostato davanti alla difesa (grazie ancora per il Mondiale del 2006 Carlo, davvero), dei gol sfrenati di Inzaghi, di “Seedorf-Rivaldo-Rui Costa”. E poi dell’Albero di Natale, dei “6 minuti di Istanbul” contro il Liverpool, della rivincita di Atene contro i Reds, era il Milan di Kakà e di Shevchenko, di Nesta e Maldini, di Dida. Era un Milan che ha emozionato una generazione (e più) di appassionati di questo sport. Era il Milan di Gennaro Gattuso.

Lo stesso Gattuso “fratello” che lui stesso ha incoronato come “l’anima del Milan”. Quel Gattuso con cui ha diviso tutti gli anni milanesi, diventato più che un giocatore, ma una persona di famiglia, una persona simile a lui, una persona con cui sentirsi…a casa. E non serve ricamare sul loro rapporto, perché ne è pieno il web ormai di pezzi che celebrano la loro unione, la loro sinergia, l’enorme affetto che li lega tra schiaffi, urla e sigarette quasi ingoiate. Resta da dire che Carlo ha lasciato al suo “Ringhio” le chiavi di casa ed ora è tutto pronto per una riunione di famiglia sotto il vecchio tetto. Storie, ricordi, emozioni, che arriveranno come schiaffi nella pancia di Carlo Ancelotti, quando varcherà le soglie del tunnel e lo speaker dirà il suo nome, in quello stadio, dopo tanti anni. Poi l’arbitro fischierà, e sarà quel che sarà.

Comments

comments

Ultimi Articoli

To Top