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Serie A, il punto sui diritti tv: Cvc-Advent offrono 1,3 miliardi in cambio del 15% degli utili ‘a vita’

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Il Sole 24 ore fa il punto sulla situazione relativa ai Diritti Tv per le prossime stagioni di Serie A. 

La Serie A dovrebbe accettare di condividere la governance della nuova realtà con i fondi-soci e una rigida griglia di regole sull’amministrazione degli investimenti senza una scadenza prefissata in cambio di 1,3 miliardi di euro per il 10% del capitale della newco in cui confluirebbero gli asset collettivi (a partire dai diritti media) come hanno offerto congiuntamente. Cvc Capital Partners e Advent, ovvero di 1,6 miliardi per il 15% nel caso di. Bain Capital.

La remunerazione degli investitori avverrebbe su una percentuale (intorno al 15%) degli utili ottenuti dalla vendita dei diritti tv nazionali e internazionali.

Nei programmi dei fondi questo dovrebbe portare a ripagare la spesa iniziale – poco meno di quanto attualmente la Serie A incassa a stagione per i diritti tv da Sky, Dazn e Img – nel giro di 6-7 anni.

Il resto sarebbe profitto. Il vantaggio per i club di Serie A, alle prese con difficoltà finanziarie aggravate dalla pandemia, sarebbe quella di avere a disposizione subito un tesoretto da spendere per le proprie esigenze di cassa, a fronte delle incertezze che attualmente caratterizzano il mercato dei diritti tv in. Italia e all’estero e che potrebbero verosimilmente determinare con il bando 2021/24 un decremento fra il 10 e il 20% rispetto alla somma attualmente incassata.

Cvc-Advent (con il supporto del fondo italiano Fsi, controllato dalla Cdp) sono dunque i favoriti, anche perché stanno lavorando da tempo all’affare con il presidente della Lega Paolo Dal Pino.

Non tutti i club però sono favorevoli a un’intesa del genere e certamente al momento non i 15 i cui voti sono necessari per avviare la creazione della newco. Legarsi le mani in cambio di un assegno di 1,3 miliardi, per quanto utili in tempi così difficili, a molti presidenti non sembra uno scenario così favorevole.

La scommessa dei fondi è quella di riuscire a commercializzare meglio i diritti tv della. A rispetto a quanto avvenuto in questi anni, soprattutto sul mercato estero, seguendo i modelli della. Premier e della Liga e recuperando il terreno perduto.

Tuttavia, il problema è che il modello industriale con cui raggiungere questi risultati non è ancora stato deciso e peraltro deve tener conto delle direttive della Legge Melandri che impone di andare comunque in prima battuta a bandi di gara pubblici.

L’eventuale intesa Lega-Cvc infatti starebbe a monte della scelta del modello industriale che potrebbe prevedere una continuità con l’attuale percorso distributivo dei match oppure avviare quel canale della Lega, già previsto dall’accordo con gli spagnoli di Mediapro.

In questo secondo caso – al centro anche del piano presentato dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis – la Lega non solo produrrebbe le partite ma si farebbe editore di un prodotto tv da vendere poi a tutte le piattaforme interessate, televisive, digitali, telefoniche, in modo da massimizzare i ricavi.

I club dovrebbero così assumersi il rischio d’impresa di un eventuale flop ovvero di un numero di abbonati al canale, direttamente o attraverso i vari operatori, inferiore alla soglia minima per il break-even. E a parte il Napoli e qualche altro club non indebitato, i presidenti della maggior parte delle società tricolori appaiono poco propensi ad assumersi questo rischio, per non parlare della complessa gestione del ruolo di “editori”.

Ecco perché tra i due “litiganti” Dal Pino-De Laurentiis (per semplificare, ma in realtà i due piani sono sovrapponibili e integrabili perché come detto la joint-venture starebbe a monte di un eventuale canale della. Lega autonomo che sarebbe lo strumento operativo della Newco) potrebbe alla fine tornare in auge il modello Infront-Wanda-Mediapro, con la mediazione di colui che per almeno un decennio è stato il grande stratega dei diritti tv della Serie A, Marco Bogarelli.

L’idea potrebbe essere quella di attivare un canale della Lega sfruttando il know-how di Mediapro (attiva in questo momento soprattutto in Francia e in Canada per lanciare iniziative analoghe), accompagnando questo passaggio con l’intervento “paracadute” di come Wanda, che dopo la fine del contratto di advisor con Infront nel 2021, subentrerebbe come partner industriale ma con un asso nella manica, quello che fin ha fatto la differenza: mettere sul piatto per i club un “minimo garantito” qualora la vendita dei diritti nazionali ed esteri non raggiunga una certa cifra, senza però chiedere ai presidenti di cedere potere nella governance, perdere libertà operativa o legarsi a vita a soci speculativi e carichi di pretese come sono per loro natura i fondi di private equity.

 

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