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Simeone: “Ho sentito una chiamata interiore, Napoli è nel mio destino e dovevo venirci”

Simeone

Il calciatore del Napoli, Giovanni Simeone, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de La Nacion. 

“Sentivo di dover venire qui… Lo sentivo. Al di là della grandezza di Maradona, di quanto sia competitivo come club: c’era qualcosa dentro di me che mi diceva che il mio posto era al Napoli, che dovevo venire qui. Non riesco a spiegarlo meglio. Conoscete la mia storia, io ascolto sempre quelle voci interiori ed era come una chiamata interiore questa. Il destino mi ha detto che dovevo venire al Napoli. A un certo punto la trattativa si era bloccata, eppure io non mi sono mai smosso, avevo un solo desiderio: venire qui. Non sono mai stato così bene come qui, a Napoli, perché i napoletani sono come un mix tra italiani e argentini, proprio come me”.

Il pensiero non può che andare a Diego Armando Maradona. C’è qualcuno nel Napoli che ti racconta di quegli anni?
“Sì, Tommy, un personaggio! E’ sempre lì a offrirti un caffè… Mi ha promesso che una sera a cena mi racconterà tanti aneddoti di quello che ha vissuto con Diego. Adesso è invecchiato, sono passati anni, ma quando percorri il corridoio degli spogliatoi già sai che ascolterai lui mentre canta, da solo, ‘Oleee, oleee, oleee, Diegoooo, Diegoooo’. Come se si fosse rotta la cassetta. Succede anche a me, come in quel video in cui sono in campo e comincio a cantare la canzone ‘Maradò, maradò’… E’ solo che non riesci a contenerti, c’è un’atmosfera speciale allo stadio, una cosa difficile da spiegare”.

E in città si parla di Diego?
“È stupendo, tutti ti parlano di Diego qui. Tutti, tutti, tutti. Ti dicono che hanno vissuto qualcosa con Diego. E te lo raccontano con passione, come se fosse successo ieri… Invece erano gli Anni 80′. Non è qui fisicamente, ma Diego c’è. I tifosi lo ricordano sempre, tutti i giorni. La gente qui soffre ancora di quella differenza tra nord e sud e Diego li ha salvati dall’oblio. Diego è gioia per loro, e va oltre il calcio. Dicono che ha dato loro gioia, visibilità e senso d’appartenenza. Questa è una città così appassionata di calcio che avere Diego tra loro è un grande orgoglio. La gente qui ha un cuore grande, ti dà tutto, e Diego ha dato loro luce, speranza, li ha convinti di poter combattere contro il potente nord. È così che ti dicono ogni giorno. Ha lasciato un segno per sempre. Ad esempio, ora molti mi dicono: “Dato che non saremo in questo Mondiale, saremo tutti argentini”. Ci si aspetta molto dalla nostra squadra in Qatar, ed è merito di Diego. L’Argentina fa parte di questa città”.

Tuo papà era anche amico e compagno di squadra di Diego.
“Non mi ha raccontato storie o aneddoti in particolare. Mi ha sempre detto che Diego era una persona che gonfiava il petto per tutti, che andava sempre a difesa dei compagni. E per questo era una persona nobile. Quando sono arrivato a Napoli, papà mi ha mandato un messaggio in cui mi diceva che in Argentina tutti i ragazzi del suo tempo erano cresciuti con il Napoli di Maradona, e che tutti sognavano di poter un giorno giocare nello stadio dove ha giocato a Maradona… ‘E stai realizzando quel sogno, figliolo’, mi disse. Bello, molto bello… Mi ha chiesto di godermi il posto che tanti sognavano da bimbi in Argentina”.

Napoli no-limits, capolista in campionato e Champions.
“E’ molto motivante per me essere in una squadra che punta così in alto. Già il fatto di giocare ogni tre giorni è fantastico, non c’è niente di più bello. Papà mi ha sempre detto che ti dà una scarica di adrenalina diversa, ma finché non lo provi non puoi capirlo. Non c’è niente di più bello che giocare ogni tre-quattro giorni”.

Obiettivi personali?
“Penso a migliorarmi continuamente, uscendo dalla zona di comfort. Per migliorare te stesso devi uscire dalla zona di comfort e io mi sentivo pronto per il salto in una grande. Ho giocato e lottato per molti anni in Serie A per ottenere questa chance. E’ giunto il momento di confrontarsi e vivere con grandi, ottimi giocatori. Mi sento pronto”.

Sei scoppiato a piangere dopo il primo gol in Champions League al Liverpool.
“In quel momento non pensavo a niente, mi lasciavo trasportare dalla magia del presente. Avevo sognato quel momento tante volte, quindi un po’ vissuto dentro di me e adesso stava accadendo, così ho lasciato che tutto scorresse… Per quanto l’ho desiderato mi è sembrato che l’avessi già vissuto, quindi in un certo senso erano solo gli altri a vedere quello che io avevo già vissuto dentro di me”.

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