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Come la “Norma CR7” può attrarre altri grandi campioni

Cristiano Ronaldo fisco italiano – Magari non sarà ricordata in futuro come Legge CR7, in memoria della Ley Beckham spagnola, ma l’arrivo di Cristiano Ronaldo in Italia potrebbe dare una svolta decisiva all’utilizzo della “flat tax” sui redditi esteri

 

 

“Non si tratta di una tassazione agevolata – ha spiegato Luigi Belluzzo, managing partner di Belluzzo, studio internazionale, attivo nel Tax&Wealth, che ha da poco aperto un nuovo focus group dedicato allo sport,  a Calcio e Finanza – ma di un regime alternativo fiscale in base al quale alcuni soggetti, purché ne abbiano diritto, hanno la possibilità di pagare una imposta di 100mila euro all’anno per un massimo di 15 anni, che va a coprire tutti i redditi di fonte estera più tutte le imposte per i patrimoni detenuti all’estero. Possono sfruttarla soggetti che spostano la residenza in Italia e che per almeno 9 degli ultimi 10 anni siano stati residenti all’estero e vale solamente su redditi esteri: su redditi italiani, ovviamente, pagano le tasse come tutti noi”.

Una norma, compatibile con le linee guida internazionali e da considerare come una sana competizione tra stati, studiata per attrarre i cosiddetti ricchi. “C’è chi ha puntato sui pensionati, come il Portogallo, e c’è chi ha puntato sui soggetti facoltosi, come l’Italia”, ha spiegato Belluzzo.

Seppur sia una tipologia di norma diversa, il parallelo viene spontaneo con la Legge Beckham, in Spagna. “In quel caso l’agevolazione era sul reddito dipendente, ma il parallelo c’è – ha proseguito -. La Spagna in quel caso ha puntato ad attrarre lavoratori dipendenti, con una norma che alla fine è stata sfruttata particolarmente dalle squadre di calcio, prima fra tutte il Real Madrid e David Beckham”

Ma chi, in questo caso, può approfittare del regime res non dom, contenuto nell’articolo 24bis del TUIR? “In ambito sportivo, soggetti come campioni di Formula 1, tennisti e anche calciatori di calibro mondiale avrebbero un grande vantaggio. La tassazione sul lavoro dipendente viene solitamente pagata dalla società, mentre su tutti i redditi prodotti all’estero pagherebbero solo 100mila euro. “Solo” non a caso, perché gli italiani che pagano 100mila euro di Irpef sono veramente pochi, non più del 4/5% della popolazione”.

Un elemento che offre vantaggio sia a chi sfrutta la norma sia alle casse dello stato. “Aiuta, certo, chi se ne avvantaggia, ma anche lo stato. Questi soggetti in Italia vivono, spendono, comprano case, investono e con l’Iva che abbiamo aiutano le casse. È una win-win situation, attrae signori che altrimenti non sarebbero mai venuti in Italia. E per questo il livello di attenzione all’estero è particolarmente elevato e si parla molto bene di questa norma italiana”.

Cosa significa, però, reddito all’estero? “Si intende reddito derivante da beni che sono specificatamente collocati all’estero. Può essere ad esempio denaro presso una banca all’estero, una partecipazione in società straniera che produce dei dividendi, può essere anche una prestazione. Prendiamo l’esempio di un golfista: se vince un premio negli Usa, quel premio sarà tassato dal fisco statunitense, secondo il principio della tassazione del reddito alla fonte. Normalmente, il doppio carico fiscale viene abbattuto grazie a trattati internazionali, quindi il fisco italiano, che tassa comunque quel reddito, riconosce il credito per le imposte assolte all’estero”.

 

“Con il regime di cui stiamo parlando, si continuano a pagare le imposte alla fonte, ma in Italia viene meno la doppia imposizione, assorbita dalla tassa flat di 100mila euro. In questo caso potrebbe anche verificarsi la situazione in cui la prestazione all’estero non subisce alcuna ritenuta alla fonte, e il soggetto pagherà solamente 100mila euro allo stato italiano. Minimizzando, tra l’altro, qualsiasi tipo di rischio”.

Tema che si ripercuote, nel caso degli sportivi, anche su sponsorizzazioni e diritti tv. “Se il contratto è con una società straniera ed è stato redatto all’estero, rientra nella norma. Ci sono anche soggetti che hanno firmato contratti a vita (tra i quali anche Cristiano Ronaldo con Nike, oltre a campioni come Jordan e LeBron James, ndr) indubbiamente legati all’estero e non correlati a dove stiano effettivamente giocando. Resta indubbio che ci debba essere chiara riconducibilità del reddito – e del patrimonio da cui viene generato quel reddito – ad un territorio diverso dall’Italia”.

Per fare un esempio legato ad altri sport, il ricavo di una sponsorizzazione per uno sciatore di Coppa del Mondo che metta subito in mostra lo sci “brandizzato” al termine di una gara va considerato all’estero se è a Kitzbuhel, in Italia se è a Cortina. “L’interpretazione della norma è molto materiale, perché guarda all’effettiva collocazione estera di questi beni e/o diritti”

 

Un impatto che va quindi anche oltre al calcio, anche perché tra i calciatori parliamo di soggetti di fascia particolarmente alta, come può essere lo stesso Cristiano Ronaldo o Messi. In questo senso, però, l’impatto dell’arrivo di CR7 potrebbe essere fondamentale. “Certo, l’affare Ronaldo ha mosso tutto. Ora forse anche in Giappone sanno che è arrivato alla Juventus e che probabilmente ciò è avvenuto anche a fronte di una qualche agevolazione fiscale, esattamente come quando Beckham passò al Real Madrid”.

“Si parla di circa 150 persone che hanno sfruttato la norma nel 2017 ma potrebbe essere utilizzata da un numero di persone almeno dieci volte maggiore: c’è un margine di manovra molto importante per attrarre soggetti che altrimenti non guarderebbero all’Italia. E per il nostro paese potrebbe essere molto importante”, ha concluso Belluzzo, alla vigilia del decimo anniversario dell’ufficio di Londra. In attesa di altri campioni come CR7, che possano arrivare in Serie A spinti anche dall’assist del fisco.

 

 

Fonte: Calcio e Finanza

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