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Confessione shock di Floro Flores: “Il mio allenatore era un pedofilo. Mi allenavo in mezzo alle sparatorie ma poi ho scelto la mia strada”

La confessione di Antonio Floro Flores, sul suo primo allenatore, è davvero incredibile. Il giocatore napoletano, attaccante del Sassuolo, ha rilasciato un’intervista alla rivista “Il Calciatore” dove ha ricordato i suoi primi passi nel mondo del calcio e le varie difficoltà avute nella sua crescita. Stava per scegliere la strada sbagliata ma poi ha fatto la sua scelta migliore. Il ricordo indelebile, che porterà sempre con sé è legato al suo primo allenatore, quando scoprì che era un pedofilo.

Queste le dichiarazioni di Floro Flores:Sono cresciuto nel Rione Traiano, quartiere di Napoli, e si sa che da noi non ci sono tante scelte: o prendi la tua strada, o c’è quell’altra. Avevo 10-11 anni quando sono entrato per la prima volta in una scuola calcio, l’Atletico Toledo. L’idea di essere vincolato a un allenatore e a degli orari mi dava fastidio. I miei lavoravano, ma la ditta di mio padre stava per fallire e i soldi per la scuola calcio erano troppi. Ma dopo che mi avevano visto giocare, gli dissero che non c’erano problemi. Ricordo che poi non passò molto tempo e saltò fuori che l’allenatore era un pedofilo. Me la rivedo ancora la scena, mentre stavamo giocando, la marea di carabinieri che è arrivata. Così tornai a giocare per strada. Poi arrivò la chiamata del Posillipo, un’altra scuola calcio. Avevo smesso da tre mesi quando feci il provino.
Sono arrivato alla terza media e quel diploma mi è stato regalato. La mia 
strada era il calcio, cosa andavo a fare a scuola? Era un ostacolo e sono sicuro che per il 99% dei ragazzi a Napoli sia ancora la stessa cosa. Il primo sogno il calcio, non ci sono altre strade. Ricordo la volta che un prof voleva parlare con mio padre e io avevo paura perché sapevo che poi a casa le avrei prese. Ma quando dissero a papà che avrebbe dovuto vietarmi di giocare, lui rispose: “Con che alternativa? Morire ammazzato o in galera?”. Adesso mi viene da sorridere, penso al posto dove giocavamo. Me le ricordo le sparatorie, noi ragazzini che correvamo via e ci nascondevamo”.

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