Editoriale

Coppa d’Africa, l’ennesimo schiaffo in faccia ai club e agli stessi calciatori che mantengono il calcio

L’Africa è il terzo continente per estensione, grande tre volte l’Europa.

Un grande evento, come la coppa continentale ha un enorme impatto economico e sociale.

Gli africani sono, giustamente, molto orgogliosi della loro manifestazione e,naturalmente, refrattari a qualsiasi tipo di condizionamento che provenga dal mondo occidentale.

Hanno, un’ innata diffidenza nei confronti della parte bianca del mondo che, peraltro, non fa niente per rendersi affidabile e sincera nei loro confronti.

Denaro, potere, visibilità ed un’ esaltazione mitologica per la nazione ed i protagonisti che si aggiudicheranno la Coppa. Durante le partite, interi paesi si fermano, nel senso letterale del termine, per guardarle.

Qualcuno poteva,realisticamente, pensare di fermare un simile organizzazione?

Il problema, però, esiste, perché, se si vuole affrontare seriamente la questione, eliminando qualsiasi senso di colpa latente non si può, non criticare, una scelta che poteva essere, saggiamente, cambiata.

I calciatori africani più rappresentativi giocano in Europa, sono acquistati, valorizzati e, molti, lautamente pagati da club europei.
A gennaio, in Europa, i campionati nei quali giocano questi club, sono in piena attività. Il danno è enorme, nell’immediato e nel futuro.

Passare da climi freddi a temperature molto calde, cambiare alimentazione, preparazione ed abitudini crea uno shock fisico e mentale.
Gli atleti, vanno, giocano e non si quando è, soprattutto, come torneranno.

A questo, vanno aggiunti i rischi di contagi covid e le quarantene obbligatorie al rientro.
Quasi due mesi di assenza per chi arriverà fino in fondo.

Premesso il massimo rispetto per la Coppa d’Africa, è evidente che qualcosa non quadra e non va, affatto,bene.

Sarebbe stato molto più giusto, saggio e rispettoso, per tutti, rimandare la manifestazione o, se proprio non si voleva rimandarla, giocarla con i calciatori che militano nei campionati africani. Magari, poteva essere un’ opportunità per valorizzare ragazzi che avrebbero avuto una grande vetrina.

Nella vita, è tutta una questione di scelta, si sceglie sempre da quando si ha l’età della ragione e si impara che non si può avere tutto.

Gli atleti africani che hanno fatto fortuna in Europa, sono uno spot straordinario per i loro paesi.

Spesso, come nel caso di Koulibaly, diventano figure iconiche, elevandosi al di sopra di tutto.
Si fanno portavoce e testimoni di messaggi universali di fratellanza ed uguaglianza.

Costringerli a questo, ulteriore tour de force, in nome di interessi economici e smanie di potere, nel pieno di una stagione folle, non gli rende merito, non li tutela e, neppure, li rispetta.

Respect, dovrebbe essere un valore etico e non solo una parola invocata o ricamata sulle maglie indossate da questi ragazzi.

Altrimenti perdiamo solo tempo.

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