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La Responsabilità Oggettiva

La Responsabilità Oggettiva
L’ART. 4 del Codice di Giustizia Sportiva, con gli art. 11,12,13 e 14 regolamentano la responsabilità oggettiva delle società, norme tra le più delicate dell’ordinamento del giuoco del calcio. Norme, tornate prepotentemente alla ribalta anche negli ultimi giorni, in virtù del caos dei Cori anti Napoli e Napoletani, che ormai sono divenuti una costante nella maggior parte degli stadi d’Italia e del caso, ancora in via di definizione, del calcio scommesse, che porterà l’applicazione delle sanzioni previste alle società di appartenenza dei deferiti. Prima di tutto è doveroso distinguere i tipi di responsabilità presenti nel Codice di Giustizia sportiva:
1)      Responsabilità diretta
2)      Responsabilità oggettiva
3)      Responsabilità presunta
RESPONSABILITA’ DIRETTA E OGGETIVA – Bisogna partire dal presupposto che per ogni illecito disciplinare, di un singolo tesserato, ne risponde sempre anche la società. La differenza sta nel fatto di chi compie l’illecito disciplinare. Per ciò che riguarda la responsabilità diretta, l’art. 4 c. 1 afferma: “Le società rispondono direttamente dell’operato di chi le rappresenta (…)”. Mentre per responsabilità oggettiva, il Codice di Giustizia sportiva intendono: “Le società rispondono oggettivamente dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1 c. 5 [Sono soggetti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statuarie e federali anche i soci delle società cui è riconducibile, direttamente o indirettamente , il controllo delle società stessa, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale]”. Anche nell’ordinamento statale possiamo rintracciare l’istituto giuridico della responsabilità oggettiva presente nel Codice Civile (es. art. 2048 “Responsabilità dei genitori”, art. 2053 “Rovina di un edificio”). Ma nell’ordinamento statale, il legislatore da la possibilità della prova liberatoria, cioè, il soggetto, deve dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno od ancora deve dimostrare che questo si è verificato per caso fortuito o per forza maggiore. Questo appare di scarsa applicazione nell’ordinamento sportivo. La ratio dell’istituto della responsabilità oggettiva, sta nella volontà, da parte dell’ordinamento sportivo, di rispondere alla richiesta di garantire un corretto svolgimento delle competizioni sportive. Oltra alla ratio, c’è da definire l’ultima tipologia di responsabilità, ovvero quella presunta. Questa, trova raramente riscontro nella prassi, mentre si ritrova nell’art. 4 c. 5 CGS, infatti, le società, sono chiamate a dimostrare di non aver partecipato all’illecito o di averlo addirittura ignorato: onere probatorio assai difficile da assolvere. Oltre agli illeciti disciplinari, le società sono chiamate a rispondere oggettivamente del comportamento dei sostenitori, sia per le gare interne, sia per quelle disputata in trasferta e del mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza per le gare in casa (vedi art. 62 NOIF Tutela dell’ordine pubblico in occasione delle gare). Quindi bisogna stare attenti all’operato dei propri tesserati, in quanto laddove questi sbagliano, allora a pagare potrebbe essere anche la società. Tale norma sembrerebbe ormai superata, visti gli ultimi tentativi di legittimare gli insulti o la discriminazione territoriale, ritenendoli semplici sfottò di una minoranza incontrollabile da parte delle società. Minoranza che però, in alcuni casi, è accolta nei ritiri da dirigenti e giocatori. Se poi, anche il Presidente della Lega, Beretta, su pressione della stragrande maggioranza delle società di Lega, intervenendo al Tg1, ha commentato l’attuale sistema sanzionatorio che punisce i club per i cori discriminatori dei propri tifosi: “Quello che è in discussione è il nuovo sistema di sanzioni che rischia di consegnare le chiavi degli stadi e la regolarità e l’equilibrio del campionato in mano a piccole minoranze di esagitati. Tutto ciò non è accettabile e va a ledere i diritti di decine e decine di migliaia di tifosi perbene che subiscono la chiusura degli stadi per colpa di pochi irresponsabili”. Con queste parole, è evidente che non si vuole in nessun modo debellare una forma di razzismo e di discriminazione territoriale, che si ritiene non grave e diversa dai cori razzisti e dagli ululati nei confronti degli atleti di colore, che ha portato, giustamente, anche alla sospensione di una gara. Non sono, quindi, loro razzisti, siamo noi ad essere NAPOLETANI.
Brando Direttore
 

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