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Non mollare Ringhio, il giro su questo 2020 sta finalmente per finire

ringhio gattuso

Il 2020 di Gennaro Gattuso è stato come un lungo giro su ripidissime montagne russe. Ma Ringhio non ha mollato.

 

 

Le montagne russe sono fatte così, per costituzione: si parte ed è subito un susseguirsi di salite e discese, a volte folli, che costa caro a chi non ha lo stomaco sufficientemente forte o rodato. Nella vita, spesso, è lo stesso. Con la sostanziale differenza che da una giostra puoi scendere finito il giro o, addirittura, puoi evitare proprio di salirci. Ma come fai quando le montagne russe sono la tua vita? Come puoi decidere di smettere di giocare a questo 2020 in cui abbiamo dovuto tutti fare scorta di gettoni perché la scritta “Game Over” è stata così vicina talmente tante volte che ormai è l’ultima cosa che vediamo, quando chiudiamo gli occhi, ancora vivida nel suo riflesso sulle retine.

Semplicemente non puoi.

Nella vita in generale, in questo anno sciagurato ancora di più: insisti, persevera e resisti, perché quando il giro sarà finito e avrai smesso di guardarti indietro, vedrai nello specchio una persona diversa, forse più forte, si spera più matura.

Il 2020 di Gattuso è stato questo. Una montagna russa continua. E chissà quante volte avrà desiderato di scendere, di mettere fine a quel senso di nausea, di scombussolamento totale, per prendere aria fino a sentirsi di nuovo pronto. Chissà come ha fatto a resistere. Eh, sì, è un professionista, i soldi, blablabla. Chiaro. Ma c’è un limite alle cose che può sopportare un essere umano, alle volte in cui un uomo può vedere i propri sforzi ripagati per poi dover vedere il proprio castello sgretolarsi e dover raccattare le carte per rimettersi lì a costruire daccapo.

Costruire. La parola chiave dell’inizio del 2020 per Ringhio. Un Napoli preso raccogliendone i pezzi con il cucchiaino, strappato, sciolto, disintegrato dall’ammutinamento contro Ancelotti e la società. La fine del sogno Sarrista e di quello di Re Carlo aveva lasciato strascichi, fratture impossibili da ricomporre. Difatti Gennaio si apre con tre sconfitte pesanti contro Inter, Lazio e Fiorentina. Ma il lavoro paga, sempre, e di lavoro (abbinato al pallone) nessuno se ne intende di più di Gennaro Ivan Gattuso. Ci mette la faccia, sempre e comunque, riporta in vita una bella addormentata a furia di baci e cazziate, il Napoli ritrova la sua identità, ritrova il suo Capitano Insigne e la vittoria con la Juventus di fine mese apre le porte ai successi di Febbraio: vittoria in Coppa Italia contro l’Inter a San Siro e pareggio in Champions con il Barcellona.

Ma le montagne russe funzionano così. E quando il giostraio della tua anima ha deciso che è il momento, c’è poco da fare: giù, in picchiata, assieme a tutto il mondo. Il Covid ferma tutto, il mondo, il calcio e il progetto di Gattuso. Tutto fermo da Marzo a Maggio. E dopo, la mazzata che chiude la discesa, quella botta allo stomaco e al cuore che non sai come ne uscirai: il 2 giugno, muore la sorella Francesca.

Ma Ringhio non molla. Semplicemente perché non ha idea di cosa significhi questa parola. E via, si riparte, la giostra sale ed il 17 giugno arriva la vittoria in Coppa Italia, il primo trofeo della sua gestione, il primo dopo Rafa Benitez. E a quel punto poco importa se il Napoli zoppica, nauseato un po’ dagli alti e bassi, chiudendo la stagione al 7° posto e con l’eliminazione dalla Champions. Il castello di carte è caduto, ma le basi sono tornate solide. Il mercato di settembre porta Osimhen e Bakayoko, elementi esplicitamente richiesti dal tecnico perché, ora sì, il suo progetto tecnico può cominciare sul serio.

Ma la giostra continua a fare su e giù. Il Napoli sembra sempre sul punto di ingranare, Gattuso sempre a metà tra la consacrazione e l’ingiuria. Sempre. Il Napoli vince “eh, ma non gioca bene”, perde “eh, non è buono”. C’è sempre un motivo per prendersela con Gattuso che proprio nel momento in cui sembrava aver trovato la quadratura del cerchio, pam, perde Osimhen in quella sciagurata sosta per le nazionali. E di nuovo a ricostruire un progetto naufragato proprio sul più bello. Torna Mertens protagonista, Ringhio ridisegna la squadra, si qualifica per la fase a eliminazione di Europa League, se ne frega dei giudizi altrui, sa cosa sta facendo. E proprio nella partita in cui lo stava dimostrando, imbrigliando l’Inter di Antonio Conte, piegandola al proprio volere tattico, di nuovo la giostra va giù: i miracoli di Handanovic, il rigore contro, l’espulsione di Insigne e l’infortunio di Mertens. Partita persa e di nuovo tutto in discussione. Di nuovo lui in discussione. Come se fosse la causa di tutti i mali, l’uomo verso cui è fin troppo facile puntare il dito. Perché il Napoli è tra le squadre che tira più in porta nei maggiori campionati europei, un merito, non una colpa, ma non segna “perché Gattuso”. Giusto per fare un esempio.

Ma Ringhio non molla. No. Ha lo stomaco forte lui, che questi su e giù li ha già vissuti, che ha la pelle dura e lo spirito forte a sufficienza per sopravvivere a questa giostra. Per sopravvivere ai giudizi. Per sopravvivere alla miastenia, sì, anche quella, che lo affligge da una vita. Perché oltre ad un anno in cui hai dovuto sopportare la morte di una sorella, lo scoppio di una pandemia globale e la sfortuna, sportiva, che continua ad accanirsi contro di te, ha dovuto anche ricominciare questa battaglia contro un nemico terribile che vuole abbatterti a tutti i costi.

Ora la giostra sta rallentando, si vede il capanno sotto il quale si infilerà il carrello. Ci sarà lo stop, la sbarra si alzerà e chi vorrà o potrà scendere farà i conti con quanto successo. Il 2020 ne ha lasciati tanti, troppi per strada per poterci permettere di farne retorica. Ringhio è ancora lì, Gennaro Ivan Gattuso è ancora al suo posto, pronto ad abbassare la sbarra per iniziare il giro di questo 2021. Al comando. Dove deve essere.

In bocca al lupo Gennà. E non mollare.

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