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Pecci: “Maradona non è un giocatore, Maradona è Dio. Oggi sono robot al servizio dei procuratori”

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Eraldo Pecci, ex giocatore tra le altre di Torino e Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere dello Sport.

 

 

“Quando parlavo in giro del mio libro sul Toro, il refrain era: “Ragazzi, leggete le prime cinque pagine, quelle di Mura, il resto buttatelo via. L’avevo sentito due giorni prima, mi aveva rassicurato che stava bene. Sapevo che era a Senigallia, di questo cuore che gli dava problemi. Avevo anche tranquillizzato Gigi Garanzini che era preoccupato. E, invece, aveva ragione lui. Un uomo di una generosità unica. Come tasca e come animo. Un vero grande. I veri grandi ti danno senza che tu hai bisogno di chiedere.

Ci ha fatto conoscere Terraneo, il portiere poeta, di cui Gianni era amico. Io l’ho sempre considerato un punto di riferimento. Un esempio di come deve essere una persona, al di là del talento che ti può dare la natura. C’era un feeling importante tra noi. Ho giocato con tantissimi ragazzi. Dal più grande al più umile, da Maradona a Salvadori, ma ho sempre cercato la persona prima del professionista. Mura era il Maradona del giornalismo sportivo, senza darlo a vedere e senza farlo pesare.

Spero di non essere un uccello del malaugurio ma temo che questa solidarietà, questo essere tutti più buoni sia un’illusione. Un mese dopo la fine dell’incubo, ognuno tornerà a correre per il suo vantaggio.

Ho avuto due genitori eccezionali, due contadini con una sensibilità speciale, babbo Gino e mamma Leda. Babbo lavorava tutto il giorno, la mamma accudiva i fi gli e la casa. C’erano pochi soldi, ma un’onestà maniacale. La mia etica ha vacillato tante volte, ma grazie alla lezione dei miei non ho fatto mai fatica a scegliere la cosa giusta. Non avendo studiato molto, ho però sempre saputo che la parola data è sacra. Un dirigente mi offrì una volta un mucchio di soldi, ma io rimasi dov’ero. Chinaglia voleva portarmi alla Lazio quando stavo alla Fiorentina.

L’ho sempre avuto dentro. Era il mio istinto, giocare a palla. La scuola d’inverno, il lavoro d’estate, gli amici, il pallone. Mi sono sempre sentito meglio al campo che non a scuola. Ero bravino e, a quindici anni, il calcio mi ha scelto Altrimenti? Sarei stato uno sbandato. O forse no. Magari avrei messo su un’aziendina mia o avrei continuato da cameriere o barista, come ho fatto dai dieci ai sedici anni.

Sono amico di molti juventini. Lo sono tutt’ora di Dino Zoff . Con lui e Gaetano Scirea giocavamo a scopone la sera col nostro comune macellaio. Avevo buoni rapporti anche con Tardelli e Cabrini. Ma poi in campo, non si guardava in faccia nessuno.

Scirea? Un’altra bella persona. Parlava poco, ma andava a segno. Un libero che non ti dava mai un calcio, lo trovavi a ispirare gioco in tutte le zone del campo. Gaetano era completo. Per affinità umane, non poteva che essergli grande amico Dino Zoff. Dino sembra un ventriloquo, in realtà è un grande battutista. Un personaggio tutto da scoprire. Gente solida, lui e Scirea, di cui ti puoi fi dare, alla quale sono molto affezionato.

Il mio Toro? Un gruppo di buoni giocatori in cui ognuno, nella sua diversità, dava il meglio di sé. Talenti come Claudio Sala e Ciccio Graziani. Leader di spogliatoio come Salvadori. C’era Pulici che in area non aveva rivali. Sentiva l’odore del sangue. Un killer naturale, più di Gigi Riva, Paolo Rossi, Pippo Inzaghi e chiunque altro.

Il giocatore più forte con cui ho giocato? Vincenzo D’Amico. Lo vedevi a diciassette anni, un talento puro, destro e sinistro, palla a quaranta metri sul piede, saltava l’uomo con facilità. Hai presente il miglior Michael Laudrup? Vincenzo era anche più leggero.

Maradona? Maradona non è un giocatore, Maradona è Dio.

Erano dinamiche di vita diverse, c’erano più distrazioni. Oggi sono tutti robot al guinzaglio del procuratore. Non giudico sia chiaro, ma è così. C’era la vita allora, non solo il pallone. Pensa a uno come Garrincha. Storie irripetibili.

Il giocatore di oggi più appaga di più il mio senso estetico? Lionel Messi. Lui ha avuto il dono. Devi fare i complimenti a Cristiano Ronaldo che è riuscito a mettere in piedi un dualismo con uno baciato dal Signore come Messi”.

 

L’intervista integrale, su La Gazzetta dello Sport.

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