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Quei “brutti quarti d’ora” che hanno castigato il Napoli

I momenti chiave in cui il Napoli perde le proprie certezze e le partite, sin qui, più importanti della stagione.

Se ne potrebbe discutere a lungo senza trovare mai una soluzione. C’è il partito del “calo fisico”, quello della “concentrazione” e dell’ormai sdoganata “cazzimma”. Ma tant’è: nei primi 15-20 minuti della ripresa, spesso il Napoli si smarrisce. E’ accaduto ultimamente, nel famoso ciclo di ferro tra febbraio e marzo: 6 dei 9 gol incassati da Real (andata e ritorno) e Juventus sono lì a testimoniarlo.

Ne basta uno per stordire, poi a ruota gli altri per cancellare quanto di buono fatto prima dagli azzurri. Contingenze, sfortuna, prodezze degli avversari, svarioni tecnici ed arbitrali che compromettono prestazioni convincenti, a tratti onorevoli. Poi però ci sono i famosi “episodi”, quelli che nella maggior parte dei casi “indirizzano” il match a favore di una squadra piuttosto che dell’altra, di chi le se li costruisce o va “a cercare” e di chi, come il Napoli li subisce, fin troppo passivamente.

Dopo che il primo tempo lo passano quasi tutto in apnea, gli avversari tornano in campo col piede pigiato sull’acceleratore. Tutto normale, anzi prevedibile, ovvio. C’era da aspettarselo, peccato però che la loro risposta non trovi nel Napoli una reazione uguale e contraria. Un mancato atteggiamento che ha rappresentato il massimo comun denominatore delle gare di cui sopra, di fatto anzitempo terminate: al 60′ circa, la strada sembrava tracciata perchè il Napoli la percorresse contromano; l’inerzia del gioco s’era tutta spostata dalla parte opposta.

Quindi il tracollo di una squadra travolta dalle sue stesse contraddizioni: disimpegni sbagliati, in ritardo sui palloni contesi, duelli fisici persi, pressing sfasato. Situazioni che, in attivo, significano un valore aggiunto. Ma che, col segno meno davanti, mettono chiaramente a nudo tutti i limiti dei singoli. E una volta saltati i meccanismi del caso, alla fine il campione tira fuori la ‘cabeza’ dalla tana che gli hai preparato: perchè il talento non conosce antidoto.

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