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Starace: “Bisogna controllare i contagi. Potrà ripartire chi blocca i nuovi focolai”

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Frabizio Starace, psichiatra napoletano direttore del dipartimento di Salute mentale della ASL di modena, membro del Consiglio superiore di Sanità.

 

Unico membro inserito nella task-force che affianca il premier Giuseppe Conte, ha parlato ai microfoni de Il Mattino nella seguente intervista:

Chi parte prima, il Sud che ha meno casi o chi è più attrezzato a fronteggiare i nuovi focolai?
«Non entro nel merito delle attività della task force di cui faccio parte, per le quali abbiamo un comprensibile vincolo di riservatezza, ma in generale valgono le regole di sanità pubblica in corso di epidemia, elaborate e definite dal Comitato tecnico scientifico che affianca il ministero».

Appunto, quali regole e con quali criteri di ripartenza?
«La scelta spetta al decisore politico ma è certo che i parametri hanno a che fare con la possibilità che il mondo imprenditoriale applichi precise indicazioni di prevenzione, ma anche con le regole del trasporto pubblico locale, ogni lavoratore si sposta da casa al lavoro e dunque bisogna misurarsi con la situazione epidemiologica e con la capacità di gestione e risposta delle reti di prevenzione, monitoraggio dei contagi, con le capacità di diagnosi e cura che sono espressi dai sistemi sanitari locali».

Vale di più l’entità dei contagi o la densità di imprese?
«È chiaro che le stime epidemiologiche sono importanti ma non si può parlare di un Sud con meno contagi e decessi che parte prima o di un Nord più attrezzato nei monitoraggio e nei tamponi candidato a partire prima. È vero che la diffusione epidemiologica in alcuni contesti regionali è più contenuta ma prima di allentare le maglie delle restrizioni si dovrà essere attrezzati per individuare tempestivamente i nuovi casi, tracciare i contatti dei contagiati, sottoporli a test e tamponi ed essere in grado in generale, sul piano dell’assistenza sanitaria di  collocare queste persone in contesti di isolamento adeguati e per coloro che non dispongono di condizioni abitative idonee alla quarantena in contesti domiciliari ma alternativi come alberghi o altre strutture di cui è previsto l’utilizzo dalla norme. Tutto questo ovviamente fa la differenza».

Le decisioni saranno centralizzate o prevarrà il fai da te delle regioni?
«Non credo che le singole regioni avranno una gestione autarchica della fase 2 dell’epidemia,ma semmai potranno segnalare condizioni di allerta maggiore a cui rispondere in maniera differenziata. Il compito e la responsabilità dei sistemi sanitari regionali sarà segnalare una determinata soglia di allarme ad ogni eventuale riaccensione di focolai».

E le aziende?
«Con la stessa modalità le aziende investiranno le responsabilità di controllo e monitoraggio negli impianti produttivi per i quali si dovessero notare incrementi dei contagi».

Ospedale e territorio: dove investire?
«L’ospedale è il segmento che interviene laddove dove sono fallite le azioni precedenti. Se si individuano precocemente i contagi, se si fa una corretta e tempestiva diagnosi di conferma anche la cura riesce meglio. Ciò consente di bloccare la catena del contagio e di prevenire lo scoppio epidemico che intasa gli ospedali e fa più decessi. Dunque la medicina del territorio distretti,medici di famiglia Usca e tutte le articolazioni dei servizi sono cruciali».

Puntare dunque sulla medicina di prossimità?
«Sì, in questi servizi del Servizio sanitario si vince o si perde la battaglia contro il Coronavirus».

Dove sono stati fatti errori finora?
«L’errore è stato intasare gli ospedali e non interrompere i contagi in contesti di comunità. Il virus è insidioso e bisogna saper tracciare i possibili contatti, trattare precocemente quelli individuati. In Emilia Romagna sta funzionando bene. Una polmonite può avere una evidenza diagnostica anche senza tampone e ancora prima della verifica bisogna poter isolare il paziente. Anche nelle famiglie queste infezioni si diffondono da asintomatici o poco sintomatici».

La ricetta per battere il virus?
«Riconoscimento precoce, tracciamento dei contatti, test e tamponi anche ripetuti per verificare i positivi e i negativi e tanto lavoro sulle articolazioni dei sistemi territoriali da potenziare e innovare con personale e tecnologie partendo dalle Usca e dalle Ucat previste dalle norme nazionali».

Bastano le mascherine e i controlli per uscire?
«Bisogna essere certi della disponibilità di mascherine e reagenti per i test. La mascherina serve per controllare la trasmissione del contagio anche tra gli asintomatici.Ma anche l’auto monitoraggio della temperatura corporea può essere utile non solo in porti, stazioni e aeroporti. Poi avere attenzione per gli anziani e i malati cronici per i quali le restrizioni possono continuare»

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