Editoriale

Trofei? Vittorie? Denaro? Potere? O sogni? Qual è il senso del calcio e degli uomini di calcio?

Italia Mele

A volte bisognerebbe tornare alle origini e porsi delle domande sul senso delle cose.

Ad esempio, cos’è il calcio e per cosa vale la pena lottare? Trofei? Vittorie? Danaro? Potere? Sogni?

Il calcio, è un universo variegato, abitato da entità diverse e complesse.

Il calcio, da assuefazione, è una droga emotiva che riempie le tasche di qualcuno e le anime di tanti.

Il calcio, a volte salva la vita, a volte, drammaticamente, la toglie.

Nel calcio e nei media che si occupano di calcio, troppo spesso, non c’è libertà.

Si usano i mezzi a disposizione in modo strumentale per interessi o, addirittura, vendette personali, mantenendosi la coscienza a posto perché “In fondo parliamo solo di un gioco”.

Così, il calcio, un giorno è solo un gioco, un altro la terza industria del paese, un altro ancora la più grande passione di centinaia di milioni di persone.

E i suoi protagonisti seguono la stessa valutazione schizofrenica.

Oggi eroi, domani servi sciocchi e ricchi, troppo ricchi.

Il calcio è un’ oligarchia nella quale pochissimi esercitano un potere enorme e razionalmente incomprensibile.

L’immenso popolo dei tifosi ne è consapevole e assuefatto perché, contro ogni logica, il sogno si rinnova ogni nuova stagione.

A volte il circolo ( poco) virtuoso si interrompe perché qualcuno si fa delle domande e le risposte fanno fare scelte diverse.

Perché io sono qui?

Qual è il senso di tutto questo?

Che segno intendo lasciare?

Il Presidente Vigorito ha risposto a queste domande in modo semplice e inequivocabile, riprendendosi la propria libertà.

La libertà, di non dover far finta di credere all’inverosimile e non dover più accettare l’ingiustizia, prepotente e cafona.

La libertà costa ed fragile, talmente effimera da svanire nel tempo di un giro di lancette o qualche foglio di calendario.

La gente dimentica presto e nessuno fa niente per tenere vivo il ricordo ma, se la memoria svanisce, la dignità che è femmina (ma qualche volta si concede anche agli uomini) resta.

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