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Un “piacevole” paradosso: è in attacco che si può ancora migliorare

Come un reparto, anche se il migliore dei tre, da 93 gol in 43 partite ufficiali e vicino ad infrangere il muro delle 106 segnature dello scorso anno, può ancora migliorare. 

Muscoli e centimetri a centrocampo, maggiore attenzione nelle letture difensive, terzini propositivi che appoggino meglio l’azione: in linea di massima, sarebbero questi i correttivi che andrebbero integrati al collettivo azzurro, per limare qualche limite tecnico emerso quest’anno, ma latente anche un po’ prima. Ci sono, poi, quelle sfumature più difficili da cogliere, ma che contribuiscono ugualmente, se non di più dei sopraccitati dettagli, a perfezionare un quadro già valido.

Senza dubbio alcuno, il Napoli ha nei tre ‘piccoletti’ lì davanti le proprie bocche di fuoco: Insigne, Mertens e Callejon, tutti e tre in doppia cifra (16, 26 e 12 gol, rispettivamente) tra campionato e coppe; con loro il palleggio è rapido, veloce, talvolta frenetico – nell’accezione positiva del termine -; un incubo per i difensori, che non hanno punti di riferimento da marcare. Senza dimenticare Hamsik, che è spesso l’attaccante aggiunto, una sorta di seconda punta “arretrata” a centrocampo, la fase offensiva del Napoli è dar far invidia alle migliori corazzate europee. Questo dicono i numeri.

Ma il calcio non è fatto di sole statistiche, spesso riduttive, limitative e qualche volta ingannevoli. Altrimenti non si spiegherebbe perchè questi stessi numeri non abbiano permesso al Napoli di vincere partite come quelle pareggiate in casa contro Sassuolo e Palermo, per citare solo un paio di alcuni deludenti risultati rimediati con le medio-piccole. Proprio in queste due occasioni, infatti, costate ben quattro punti – che a proposito di numeri, sono forse gli unici che contano veramente per valore e memorabilità -, pur avendo prodotto un numero di situazioni favorevoli per andare a rete superiore rispetto a quelle poche (eppure nitide) capitalizzate dagli avversari, il Napoli ha raccolto poco.

E provando ad analizzare le stesse partite, ci accorgiamo che quasi mai la squadra di Sarri dava la sensazione di poter seriamente impensierire sia i neroverdi che i rosanero, con la stessa efficacia e determinazione mostrate, invece, nelle successivi uscite (3-0 all’Inter e 7-1 a Bologna, nello specifico): tante le conclusioni indirizzate verso lo specchio – sparando addosso al portiere, però -, poche le palle-gol degne di nota.

Cos’è mancato allora? Il guizzo, la giocata (a proposito, quando il gioco non basta) risolutiva. L’anno scorso serviva la ‘zampata’ di Higuain, quest’anno s’è fatto maggiore fatica nello scardinare i muri eretti a difesa della propria porta da parte di alcuni avversari particolarmente rinunciatari: con la sola densità prodotta sulla trequarti, non sempre è stato infatti possibile trovare il corridoio buono per immettervi il pallone vincente. E’ immaginabile, allora, che innalzando ancora un altro po’ il tasso tecnico proprio in attacco, il Napoli possa aumentare le proprie capacità di infilarsi tra le maglie avversarie.

Basti pensare a come impreziosire con nuove varianti tattiche una situazione di gioco che il Napoli, sin dai tempi di Benitez, propone spesso: possesso palla sul “lato forte” (catena di sinistra), attacco alla profondità dal “lato debole” (“taglio” dell’esterno opposto). Ma è evidente che quando le linee degli avversari sono molto strette, compatte e schiacciate a ridosso, se non proprio all’interno, della propria area di rigore, il volume della profondità concessa al Napoli è a dir poco esiguo. Circostanze del genere penalizzano uno su tutti, Callejon. Che resta l”equilibratore’ delle due fasi, uno di quelli che – alla Inzaghi – passa una vita sulla linea del fuorigioco, ma che quando è impossibilitato a sfoggiare la caratteristica migliore del proprio repertorio, si perde nel “traffico” finendo quasi per scomparire dal gioco.

Per aggirare la trappola, potrebbe essere utile individuare un calciatore diverso da Callejon. Una di quelli ali mancine, ad esempio, che col piede sinistro possano sterzare verso il centro e, analogamente a quanto abitualmente svolge Insigne sull’altro versante, accompagnare l’azione come una sorta di trequartista centrale in appoggio al centravanti.

Una risposta questa alla domanda delle domande, che in questi giorni ricorre spesso nei pensieri di tifosi e addetti ai lavori: “come e dove può migliorare questo Napoli?”. Una squadra così radicata, a giusta ragione, nella propria scintillante proposta di calcio, non può che proseguire su questa strada. Con un diktat ben preciso: incrementare la qualità dei singoli, all’insegna della costante valorizzazione delle idee di Maurizio Sarri.

 

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