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Versus: Jorginho vs Pecchia, la diversa partita degli ex

Uno in campo, l’altro in panchina, sia Jorginho che Pecchia si troveranno al San Paolo ad affronare il loro passato.

 

 

Quando incontri la tua ex per strada c’è poco da fare, hai sempre quella sensazione strana che ti fa pensare di non star facendo per niente una bella impressione. Ti atteggi (passatemi il termine), cerchi di essere brillante, di non far trasparire che magari nei mesi (e aiutatemi a dire mesi, se non anni) in cui magari ci hai pure pianto, sei stato male. Ma nemmeno per idea, no? Eppure per quanto ti sforzi e per quanto, onestamente, la tua vita stia andando anche piuttosto bene alla fine dei conti, ti senti sempre come se avessi ancora qualcosa da dimostrare. Jorginho e Pecchia probabilmente si sentiranno così al San Paolo, quando alle 15.00 scatterà il fischio d’inizio di Napoli-Verona. Una partita come tante per alcuni, decisamente no per altri.

DAL SAMBA AL BOSSA NOVA – Jorginho di strada ne ha fatta. Da Imbituba fino a Napoli di chilometri ne passano. E sicuramente ne ha viste tante, senza cambiare mai la sua attitudine, quel suo passo felpato, come un felino che si muove, che sia a caccia di preda o solo per andare a spasso, senza che nella savana si senta muovere un alito di vento. Lui di cose da dimostrare a questo punto non è che ne abbia molte: arrivato in Italia a 15 anni dopo il divorzio dei genitori ed aver giocato dai 13 in un progetto con altri 50 ragazzi in un luogo senza corrente o acqua calda, si è arrampicato sugli scogli calcistici della nostra penisola ed è diventato un punto fermo di un Napoli in cui all’inizio è stato un po’ oggetto misterioso, un po’ bersaglio di critiche assordanti. Ora ha superato anche l’esame di maturità calcistica, con la convocazione in Nazionale a furor di popolo ed è questo Jorginho che si troverà di fronte il suo passato. Quel Verona che l’ha lanciato senza fargli perdere le sue caratteristiche, quel suo muoversi come se fosse ancora sulla sabbia del suo Brasile, quando sua madre lo allenava. Il suo tendere a difendere in avanti, cercando l’uomo prima ancora che gli arrivi il pallone, per sapere esattamente dove mandarlo un secondo dopo, il suo telecomandare la difesa ed i movimenti dei compagni, la caparbietà con cui non rinuncia mai ad un pallone dopo averlo perso l’hanno reso un leader. E questo, grazie anche al Verona che, italianizzandolo (facendo mia una splendida intuizione di Angelo Riccardi, da Ultimo Uomo), l’ha calato dal samba ad un più intimo e compassato bossa nova.

L’AVVOCATO GENEROSO – Ci sono gol che non ti dimentichi più. Uno di questi, che resta nella memoria di almeno un tifoso napoletano è: stagione 2000/01, 33^ giornata, San Paolo, Napoli-Roma. Gli azzurri sono sotto, 1-2, Amoruso per il vantaggio, poi Batistuta e Totti che palleggia con entrambe le mani per poi mettere la palla in porta, inutili le proteste contro una Roma che sarà scudettata a fine campionato. A 8′ dalla fine, calcio di punizione dal limite per il Napoli, Pecchia parte, il resto è storia che ancora rimbomba delle urla di quel pomeriggio napoletano tra le pareti del San Paolo. Come giocatore Pecchia ha chiuso la carriera in Lega Pro, al Foggia, dopo aver vinto uno scudetto ed una Supercoppa italiana (con la Juventus, sì, questo vizio ce l’hanno avuto in tanti). Come allenatore è tornato a Napoli, vice di Rafa Benitez e dopo averlo accompagnato nella vittoria di una Coppa Italia ed una Supercoppa, l’ha seguito al Real Madrid prima, al Newcastle poi. Ora torna a Napoli, ancora una volta, da avversario e se mentre il centrocampista ex Verona ha già un percorso che parla per lui, l’ex centrocampista del Napoli ha ancora tutto da dimostrare nella sua giovane carriera da allenatore. Il primo step deve essere quello di salvare il Verona dalla retrocessione e per farlo, dovrà cercare di fare uno sgambetto alla sua ex squadra, sopportando tutto con quel cuore che portò Lippi, all’epoca allenatore azzurro, a farlo, appena vent’enne, perno del centrocampo partenopeo.

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