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Ci dispiace, Mister Rafa

E’ arrivato a Napoli a seguito ad un autentico blitz del Presidente Aurelio De Laurentiis. Un vero e proprio “botto” estivo, ma non accolto come tale.

Troppo profonda era la ferita dei tifosi azzurri per l’abbandono del carismatico e validissimo Walter Mazzarri, affascinato dal progetto interista.

L’impatto di Rafa Benitez ed il suo staff con Napoli è stato privo di eccessivo entusiasmo, la fiducia nei confronti del nuovo mister non ha mai mostrato picchi considerevoli, complice, forse, la sua precedente esperienza non brillantissima proprio all’Inter dell’ex Presidente Massimo Moratti.

I primi allenamenti a Dimaro, acuiscono le perplessità della piazza: dal primo giorno, in campo c’è una novità: da subito si utilizza il pallone, e di duro allenamento e faticose corse zemaniane nei boschi, nemmeno l’ombra.

“La tenuta atletica sarà deficitaria, a stento arriveremo a gennaio”, sussurra nemmeno tanto sottovoce qualche recidivo sapientone.

I primi risultati sono ottimi, ma una parte di Napoli non apprezza, anzi sembra attendere il capitombolo per palesare ed urlare il proprio disappunto ed avvalorare la personale tesi.

Di Rafa Benitez non tutti pensano bene. “Non è adatto al calcio italiano” (se fosse vero, lui commenterebbe con un bel “meno male” visto lo scarso livello dello stesso), “non ha polso”, “non si arrabbia mai”, “non stimola adeguatamente i calciatori”, sono le accuse più dolci a lui mosse.

La sua ottusità calcistica comincia a diventare talmente elevata da non sapere nemmeno fossero fattibili le sostituzioni prima del minuto 60°.

Due anni trascorsi tra alti e bassi, posizionandosi squallidamente in terza posizione il primo anno, conquistando il sogno della qualificazione ai preliminari di Champions League, drasticamente infranto sul muro dell’ Atletich Bilbao.

Due anni che volgono al termine essendo ancora tristemente in corsa per una posizione valida per l’accesso alla Champions League. Due anni trascorsi vincendo anche una “coppetta”, la stessa che ha fatto impazzire i tifosi juventini ieri sera nella finale di Coppa Italia edizione 2015/2016. 

Due anni in cui si è vinta anche una Supercoppa Italiana, proprio contro la rivale numero uno, la Juventus di Antonio Conte. Ma quella gara, quella vittoria, quella gioia, merita il dimenticatoio, merita di essere archiviata dalla mente e dal cuore, magari soltanto perchè è stata ottenuta sul campo dell’ impronunciabile capitale del Quatar, Doha.

Inopportuna ed assolutamente inaccetabile anche la sua chiarezza mentale, il suo desiderio di pianificazione programmatica, da ribrezzo il suo prestigio, Kriptonite per i grandi campioni potenzialmente vogliosi di una piazza all’avanguardia come Napoli.

Sovente, se non sempre, si è caduti davvero nell’assurdo, nel ridicolo.

La verità è che Napoli ha perso un numero uno.

In questi due anni questa città è stata capace di mettere in discussione tutto di lui. Critiche piovute sul tecnico spagnolo dopo esser cadute, copiose, su qualsiasi allenatore seduto sulla panchina del Napoli negli anni passati. Per default, per presunzione, per dare aria dai polmoni, per la voglia di trovare a tutti i costi un capro espiatorio, anche correndo il pesante rischio di sparare autentiche baggianate.

Rafa Benitez era, è e resterà un grandissimo uomo dio calcio, ma anche un signore, colto, per bene, intelligente, icona positiva ed indelebile del calcio mondiale. Un allenatore seguito da una scia di positività, di esperienza, di successi. Un tecnico che ha dato al Napoli lustro mondiale grazie al suo prestigioso background, l’unico che soltanto grazie alla sua presenza ha, di fatto, consentito al Napoli di fare il salto di qualità in riferimento al quale in molti si son riempiti soltanto la bocca.

Peccato a Napoli in molti non se ne siano accorti. Peccato nella città del mandolino e della pizza molti abbiano pensato ad occupare il proprio tempo contestando il suo rigido 4-2-3-1, reo di essere causa di tutti i mali, dei risultati fallimentari, delle sconfitte, delle brutte figure.

A noi il suo addio certo ma non ancora formalizzato, fa male. Una finestra che si chiude. Una visuale che si ostruisce, quella sul mondo, quella che proietta verso l’internazionalizzazione, quella che ti fa sentire l’aria che per 88 anni di lunga esistenza hai desiderato respirare ma hai solo e soltanto sognato.

A Rafa Benitez noi diciamo grazie. Per aver accettato Napoli, averla abbracciata ed amata, rispettata ed apprezzata, ed infine rappresentata, con orgoglio e fierezza.

Per noi è stato un onore, al di là dei risultati del campo.

Adesso non ci resta che sperare le motivazioni che hanno spinto Rafa Benitez lontano da Napoli siano legate davvero a questioni familiari, oppure alla chiamata irrinunciabile di un grandissimo club. La terza, ma purtroppo più probabile ipotesi, è quella più devastante: che il fantasmagorico progetto-Napoli presentato agli occhi di Rafa Benitez due anni orsono, sia stato la scorsa estate percepito come una effimera ed inconsistente gettata di fumo?

“Se volete fare qualcosa di buono, fuitevenne ‘a Napoli”, diceva Eduardo De Filippo. Non vorremmo prenderlo sul serio.

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