Editoriale

Koulibaly: dalla vergogna di San Siro alla medaglia da festeggiare al San Paolo

Sei mesi fa, per le strade di una gelida Milano rimase un morto a terra e all’interno delle mura di San Siro l’eco dei cori razzisti urlati contro Kalidou Koulibaly.

Una bruttissima serata, uno dei picchi più bassi e mortificanti per il povero, piccolo calcio italiano. Oggi a Napoli, in una primavera che sa ancora di inverno, si ritrovano di fronte ancora Napoli e Inter.

Cosa è cambiato da allora?

Poco o nulla nel sistema che si riempie ancora la pancia di chiacchiere e non mette mano ai fatti. Da allora il Napoli si è confermato sul secondo podio della Serie A mentre l’Inter cerca ancora un posto al sole in Champions, evidentemente più per demeriti altrui che per meriti propri.

Koulibaly, invece, ha mantenuto tutte le promesse ed ha vinto il premio come miglior difensore del campionato.

Una medaglia che il gigante di ebano e dal cuore grande ha subito condiviso con i compagni di squadra, la famiglia come ama dire.

Koulibaly è un campione e un esempio ma soprattutto un patrimonio che il calcio italiano dovrebbe tutelare.

Sei mesi fa fu cacciato dal terreno di gioco, ingoiando lacrime di rabbia e frustrazione, oggi scende in campo con una medaglia in petto tra gli applausi del suo pubblico.

Ma un premio, seppur prestigioso non può bastare e la mentalità a dover cambiare.

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