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Marino: “Rapporti pericolosi? Ci vuole il codice etico 231, come la Juventus”

PierPaolo Marino, ex direttore sportivo del Napoli all’epoca del primo Scudetto e, successivamente, della rinascita dopo il fallimento, ha rilasciato un’intervista a Monica Scozzafava, collega del Corriere del Mezzogiorno.

 

 

 

L’ex dirigente azzurro si è soffermato sui rapporti pericolosi dei calciatori, argomento scottante dopo l’arresto dei fratelli Esposito, amici del portiere Pepe Reina.

“Rapporti pericolosi? Non credo che sia una tipicità napoletana, accade ovunque ma i grandi club sono corsi ai ripari adottando il modello “231”, una serie di regole valide per tutti i dipendenti dell’azienda e che per buona parte attengono al comportamento, sia all’interno che all’esterno del club. Riguarda anche i calciatori, ai quali è vietato avvicinarsi a certi ambienti pericolosi. In casi estremi è anche previsto il licenziamento. Lo adottai la prima volta all’Atalanta, nell’anno in cui la società partì penalizzata di sei punti dopo lo scandalo scommesse che coinvolse Doni. Oggi lo adottano in tanti, Juventus compresa.

Questi rapporti nascono perché i calciatori, soprattutto stranieri, quando arrivano qui non conoscono nessuno e questi personaggi, che molto spesso hanno grossa disponibilità economica, circuiscono le famiglie fino a diventare persone di fiducia. Magari non c’è alcun motivo particolare, semplicemente la voglia di celebrità. Per loro essere in intimità con un calciatore equivale a diventare famosi: ostentare la frequentazione con i beniamini del calcio diventa quasi uno status symbol.

Nel caso di Maradona, non sapevamo nulla, lo apprendemmo, poi, dai giornali. In generale, ho sempre cercato di evitare che i miei giocatori avessero frequentazioni poco raccomandabili. Diciamo che avevo occhi e orecchie ovunque. Spesso erano gli stessi tifosi, che ci segnalavano la presenza di qualche calciatore in ristoranti o locali già attenzionati dalla Procura. In quei casi parlavo a lungo con i giocatori interessati e cercavo di spiegare loro quanto fosse sconveniente. Facevo riunioni settimanali con tutti su come dovessero gestire la loro vita privata. Ero anche molto duro, in certi casi. Il fatto che loro sapessero che certe cose venivo a saperle rappresentava un deterrente.

Non frequentare certi bar o ristoranti. Non coltivare amicizie pericolose, persone sospette di cui non era chiara la provenienza. Tenersi assolutamente lontani dal mondo delle scommesse. Ai miei ragazzi dicevo di non scherzare nemmeno facendo pronostici delle partite. Mi è capitato anche di dover intervenire duramente, ma non posso fare nomi. Il Napoli potrebbe adottare il modello 231, anche se implica figure specifiche. Non servirebbe, invece, un tutor: i calciatori non lo rispetterebbero”.

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