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GdS-Squadra corta e recupero palla in zona offensiva: i segreti del 4-2-3-1 di Benitez

Meglio aspettare l’avversario o aggredirlo nella sua metà campo? Meglio alzare il pressing o attendere con italica furbizia e poi colpire in contropiede? Domande che si inseguono da anni e alle quali, spesso in base ai risultati, si sono date risposte diverse. Prima di di cominciare qualsiasi ragionamento bisogna mettere un punto fermo, tanto lapalissiano quanto necessario: obiettivo di ogni squadra è far gol, al traguardo ci si può arrivare attraverso una fitta rete di passaggi e con verticalizzazioni improvvise.
Non esiste un metodo migliore di un altro, sia ben chiaro, ma esistono giocatori migliori di altri, e alla lunga è questo a fare la differenza (spesso, travolti da schemi e discorsi tattici ce ne dimentichiamo).
La Gazzetta dello Sport riporta, oggi, un interessante articolo nel quale vengono analizzati i diversi sistemi di gioco delle prime quattro squadre del campionato italiano. Naturalmente, soffermiamoci sullo stile e sul modulo del Napoli. 
La squadra di Benitez è improntata ad un gioco dal respiro più «europeo», una squadra di «sacchiana» memoria per il furore agonistico che mette in campo e per le rigide disposizioni tattiche che la governano. Schierato con il 4-2-3-1 (che poi è un 4-4-2 mascherato), il Napoli si alza e si abbassa come una tapparella: sono i due centrali di centrocampo Behrami e Inler – o a turno Dzemaili- a dettare i tempi di chiusura. Fondamentale il lavoro degli esterni Callejon e Insigne (con l’alternanza di Mertens) che occupano le fasce. Hamsik e Higuain vanno in pressione sul portatore di palla avversario, mentre Inler e Behrami avanzano consentendo alla squadra di rimanere corta. Tant’è che la lunghezza media della squadra di Benitez è di 31,5 metri: tra le squadre di testa è la più «corta». Il recupero avviene spesso in zona offensiva, così, con gli avversari sbilanciati perché stanno impostando la manovra, a gente come Higuain, Insigne o Hamsik risulta più facile infilarli. E’ una sorta di contropiede corto, nel quale i dribbling del Pipita e la fantasia di Lorenzo il Magnifico giocano un ruolo non da poco. A conferma del fatto che la tattica è sì importante – anzi importantissima- ma alla fine a decidere tutto è la tecnica: più dei moduli e dei disegni alla lavagna, insomma, contano i giocatori.

Fonte: La Gazzetta dello Sport

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