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Il giornalista Francesco Repice: “Diego Armando Maradona ha rappresentato un grande esempio, e vi dico perchè…”

Per la rubrica “Senti chi Parla” l’intervista al noto radiocronista Rai, Francesco Repice.

Valeria Grasso

La radio è in grado di regalare tante emozioni…ma se le partite di calcio le racconta lui, Francesco Repice, allora le emozioni sono ancora di più.

Come si diventa il primo radiocronista sportivo in Italia? Diamo un consiglio ai ragazzi che sognano di ripercorrere una carriera come la tua…

“Mah…innanzitutto, radiocronisti bravissimi chissà quanti ce ne sono e sono tutti bravissimi. Il consiglio che posso dare a chi vuol fare questo mestiere è leggere, leggere tutto, dai giornali, alle riviste, ai libri, ai romanzi, ai mensili, ai quotidiani, ai settimanali, alle scritte sui muri, alle pubblicità. Una parola ti salva sempre! Nello zaino di parole che bisogna portare dietro come ci raccomandava Sandro Ciotti è avere quella adatta al momento giusto, significa tirarsi fuori dall’impaccio perchè la radio non ti consente silenzi. Un buco di due secondi in radio equivale a un buco di due ore in televisione. Quindi ecco consiglio soprattutto di leggere”.

Quanta esperienza in tanti anni, quanti luoghi hai visto! La telecronaca più bella e poi la più difficile

“La telecronaca più bella sicuramente quella tra Manchester United e Barcellona, finale di Coppa dei campioni del 2011. Ma a parte la qualità del gioco espresso in particolare dal Barcellona, in quell’occasione e la qualità dei giocatori in campo, da una parte o dall’altra, mi colpì profondamente la vicenda Abidal, che da poco aveva superato una brutta malattia. Fallo scendere in campo dall’inizio dopo quello che aveva passato soltanto pochi mesi prima e poi non sostituirlo tutta la partita, fargli mettere la fascia da capitano, fargli alzare la Coppa dopo aver salito i 12 gradini della gloria di Wembley… credo sia stata una delle partite, una delle esperienze più emozionanti, a parte ovviamente la vittoria agli Europei della Nazionale, sempre a Wembley nel nuovo stadio. E insomma, è ovvio che quelle sono le due partite che più mi hanno emozionato assieme a quella vissuta da bordocampista, Roma-Parma il 17 giugno del 2001, quando i giallorossi conquistarono il terzo scudetto. La più difficile fu un Catania-Palermo, un febbraio di molti anni fa, con la morte di Filippo Raciti. Il dover essere lì da solo, senza avere riscontri fuori dallo stadio e dovermi in qualche modo organizzare nelle difficoltà. Sono stato il primo a dare la notizia della morte di un funzionario di polizia. E sinceramente è stata una delle esperienze più dure lavorativamente parlando della mia carriera”.

Come è cambiato il calcio in questi anni?

“Il calcio in questi anni è cambiato, secondo me in peggio. Troppa tecnologia, troppa attenzione alle finanze, troppe questioni che con lo sport puramente inteso, non hanno nulla a che fare. Eh io non sono d’accordo, sono d’accordo più o meno e condivido più o meno il modo di vedere e di pensare, di raccontare calcio fino alla metà degli anni ‘90, dopodiché è stata una corsa verso l’ignoto che secondo me non sta portando a nulla di buono”.

Le grandi passioni di Francesco Repice, quali sono?

“La pesca, la Roma, ovviamente i cavalli. Alla pesca sono legato perché insomma, la mia terra d’origine, Tropea, e il mare sono una parte fondamentale della mia vita. Per quello che riguarda i cavalli: da una ventina d’anni a questa parte ho abbracciato la disciplina del reining, della monta western da lavoro americana che, ripeto, mi affascina moltissimo. La Roma mi ha completamente rapito, da quando sono nato ho quei colori nel cuore. È un qualcosa che hai dentro e non te la levi mai”.

Vero è che con la voce si può far tanto…ma hai ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare?

No, no, sogni nel cassetto non ne ho assolutamente. Non posso che ringraziare divinità pagane o religiose che siano, per quello che mi è stato concesso che è stato veramente tantissimo. Forse anche ben al di là dei miei meriti, quindi non ho nessun sogno nel cassetto.

Capolista del Campionato. Cosa pensi del Napoli che hai visto in questa stagione, fino ad oggi?

Quello che ne penso io è relativo, ma è quello che pensano tutti fino a questo momento:  una squadra praticamente senza lacune. È una squadra perfetta, è una squadra che ha ben poco da migliorare, meglio di così sinceramente è difficile! Se si alza ancora il livello, sia quello tecnico e dell’intensità, che dell’organizzazione di gioco e delle prestazioni dei singoli, secondo me il Napoli è destinato a condurre in porto una stagione che potrebbe diventare storica. Ecco, e mi fermo qui.

Oggi Diego Armando Maradona avrebbe compiuto 62 anni. Che ha rappresentato il campione argentino nella storia del calcio, fuori e dentro il campo, per tutti e per te in particolare?

Per me Diego Armando Maradona ha rappresentato un grande esempio, dentro e anche fuori dal campo. So che è paradossale, però ha rappresentato la verità, i panni sporchi davanti a tutti con autocritica severa, con quelli che non avevano capito di che cosa si trattasse in realtà, di che pasta fosse quella storia. Credo che lui sia stato l’esempio anche per i giovani: un uomo che cade e si rialza, lo fa davanti a tutti e soprattutto si schiera contro tutti i potentati, secondo me è un grande uomo. Dentro il campo… c’è poco da dire ed è anche – secondo me – sciocco parlarne.

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