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Marek Hamsik: dieci anni di azzurro

10° anniversario dell’acquisto di Hamsik da parte del Napoli.

Sono passati esattamente dieci anni da quando un giovane slovacco con la cresta vestiva per la prima volta la maglia azzurra: era il 28 giugno del 2007, e il Napoli lo acquistò per 5,5 milioni dal Brescia: il club azzurro era rimasto stregato da questo ragazzo, autore di un gol e di una grande prestazione in un match giocato al San Paolo e vinto per 3-1 dai partenopei.

Oggi, a dieci anni di distanza, Marek Hamsik è il capitano del Napoli. E non solo: è al terzo posto nella classifica all-time delle presenze in maglia azzurra, dietro solo a due napoletani come Giuseppe Bruscolotti e Antonio Juliano, e al secondo in quella dei marcatori: solo due gol lo separano dal più grande di tutti, Diego Armando Maradona, fermo a 115. Inoltre è il primatista per apparizioni in competizioni europee.

Marek è l’idolo di tanti bambini napoletani, che per omaggiarlo indossano la sua maglietta e imitano il suo taglio di capelli. Ma è un idolo pure per i tifosi più grandi, che lo adorano e per lui hanno coniato il soprannome “Marekiaro”, gioco tra il suo nome e Marechiaro, piccolo borgo del quartiere Posillipo.

Ed è uno dei leader della squadra: ma non è appariscente come lo è, invece, Reina. Lo slovacco preferisce un approccio differente, esprimendosi solo quando strettamente necessario. Preferisce trascinare la squadra a suon di grandi prestazioni: un vero leader silenzioso.

Elemento fondamentale e imprescindibile per qualsiasi tecnico lo abbia allenato: a cominciare da Reja, il quale ne rimase folgorato, al punto da accostarlo agli inglesi Gerrard e Lampard. Un’investitura non di poco conto.

Poi gli anni con Mazzarri, conditi dall’esordio in Champions League, durante i quali il suo rendimento fu oscurato dalle reti di un marziano come Edinson Cavani, ma il suo apporto fu stratosferico: 48 i gol sotto la gestione del toscano, tra cui il gol della storica qualificazione agli ottavi di Champions contro il Villarreal, la doppietta decisiva in un leggendario Juventus-Napoli, che vide gli azzurri imporsi per 3-2 in rimonta, e il rigore in finale di Coppa Italia, sempre contro i bianconeri.

Successivamente arrivò uno spagnolo, Rafa Benitez, che Gerrard e Lampard li aveva allenati per davvero, e con loro (specie con il primo) aveva vinto pure parecchi trofei. Il rendimento fu al di sotto di quello delle annate precedenti, ma condito comunque da numerosi gol e assist. Ma il vero problema fu il feeling mai sbocciato con l’allenatore. Una situazione che, rivelerà successivamente Marek, lo portò anche a meditare l’addio: mancanza di fiducia e soprattutto la testardaggine del tecnico, sempre restio ad abbandonare le sue convinzioni e il suo solito modulo, che prevedeva l’impiego del capitano in un ruolo non suo. Ma alla fine Benitez è emigrato a Madrid, e nello slovacco l’amore per Napoli e i napoletani ha prevalso.

E ora ha trovato Maurizio Sarri, un tecnico che ha saputo stimolarlo, rendendolo uno dei perni del suo progetto e del suo scacchiere tattico. L’intuizione del mister di impiegarlo come mezzala, gli ha dato nuova linfa: gol, assist, prestazioni da campione. Il rendimento dello slovacco è andato sempre più in crescendo, è uno dei più meravigliosi interpreti del bel gioco azzurro: movimenti, intuizioni, passaggi decisivi, tanta qualità e capacità di dettare i tempi. Quella appena conclusa è stata la miglior stagione della carriera di Hamsik, sia a livello realizzativo (15 i gol messi a segno) che dal punto di vista delle prestazioni.

Adesso Marek è di nuovo felice: e ha sposato la causa azzurra probabilmente a vita. Il suo desiderio, lo ha sempre detto, è quello di chiudere la carriera nel Napoli. Non riesce a immaginarsi con una maglia diversa da quella azzurra e, a dire il vero, non ci riusciamo nemmeno noi. Una storia d’amore che oggi compie dieci anni, ma è destinata a durare ancora a lungo. Un passato, un presente e, soprattutto, un futuro tinto di azzurro e sempre a testa, o meglio dire a CRESTA alta per Marek, il leader silenzioso e innamorato della sua città d’adozione.

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